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A Miradolo c'è di tutto.

Articolo pubblicato su Stampa Sera di  Giovedì 9 Luglio 1936. Testo di Enzo Arnaldi. Disegni di Bioletto


Andiamo a pranzare in campagna
A Miradolo c'è di tutto
Si mangiano le trote sì balla la "carioca,, e si va in piscina



Miradolo, luglio. Arrivarci, a Miradolo, non è niente. Seguito il consiglio di una grossa targa che, sulla strada del Sestriere, appena fuori Pinerolo, fa voltare a sinistra, in pochi minuti si è sul posto.
Fermarsi, invece, è cosa piena di difficoltà. Si ha, infatti, a che fare con «l’ordine della contessa», ordine che in quattro parole vi spiego.
Sullo stesso spiazzo formato da una curva della strada di San Secondo si affacciano l'albergo di Miradolo ed il castello di Miradolo [oggi sede della Fondazione Cosso n.d.r.]. I padroni dell'albergo sono ben lieti che le automobili si fermino sullo spiazzo, la padrona del castello, invece, è nettamente di parer contrario. L'ingresso del maniero deve sempre essere libero. Nessuno ci passa mai per quell'ingresso ed i cardini del cancello arrugginiscono per il non uso, ma questo non ha importanza. La contessa vuole così. E basta.
«L’ordine della contessa»
A far rispettare questo ordine draconiano è preposta una cerbera feroce che, mettendo fuori il capo dalla finestrella della portineria, intima strillando all'incauto automobilista che s'è fermato dinanzi al severo castello (è un edificio carco d'anni e di passato, che fu già dei Principi d'Acaia) di levarsi subito di mezzo, di mettersi da parte. È allora necessaria una lunga manovra per scoprire un posticino libero fra le macchine già arrivate ove ficcare la propria. Tutto ciò avviene, come facilmente potete immaginare, fra un quanto mai sentito rosario di espressioni... di simpatia per la cerbera severa la quale osserva dalla finestrella — simile atta strega del castello incantato di Piazza Vittorio — che «l'ordine della contessa» venga eseguito. Posso assicurare che né la contessa né la sua portinaia godono alcuna popolarità fra i numerosi ospiti di Miradolo. Ah! se la nobile dama si commovesse un poco e revocasse la severa consegna! Ci si provi. Vedrà che farà un piacerone a tanta brava gente.
[Gin. La “cerbera feroce” era da tutti chiamata “Gin”, al secolo Teresina Druetta. A quel tempo l'uso dei soprannomi era molto diffuso. Chi lo aveva, se lo portava appresso per tutta la vita. Gin faceva parte di questi. Tutti la chiamavano così, compresa la contessa che senz'altro era più formale degli altri nei suoi comportamenti. Chi l'ha conosciuta ricorda la situazione raccontata dall'articolo ancorché stemperandone un po' i toni. Era una persona che si impegnava al massimo per far rispettare le consegne ricevute, e brandire la scopa era un metodo per riuscirci.
Di fianco all'allora ristorante-albergo, ora pizzeria, c'è una strada che scende verso il parcheggio interno. Prima dell'apertura del ristorante era solo uno stretto sentiero. Con l'apertura del locale e l'arrivo delle prime automobili, si è posto il problema del parcheggio umoristicamente descritto dal giornalista. Ma i ristoratori e la contessa hanno trovato la soluzione. La contessa ha ceduto al ristorante un pezzetto di terreno di sua proprietà che ha consentito di allargare la strada e fare il  parcheggio. In cambio – allora non esisteva un acquedotto - il ristorante permetteva alla sorvegliante di servirsi dell'acqua del loro pozzo.]



... simile alla strega del castello incantato


Ottobre 2015. La casetta riconoscibilissima. Sono sparite le finestre della porzione in secondo

Per fortuna che, a Miradolo, l’incontro con quella del castello si dimentica presto. Tutto è così bello e così pronto a regalarti soltanto letizia e pace, in questo angolo montano, che non ci vuol molto a metter da parte le seccature.
Ed il volto arcigno della guardiana scompare subito dalla mente per lasciare il posto a quello sorridente e tondo di «madama Gusto» prosperosa padrona dell'albergo, fantasiosissima cuoca e cucinatrice senza concorrenti delle più soavi trote del Chisone. Non perde tempo in complimenti, lei, ma abborda subito l'ospite con l'argomento più importante:
— Che cosa le prepariamo?
C'è chi, prima di rispondere, aggrotta la fronte, pensa ed almanacca. Gli indiziati, invece, se la cavano più alla svelta con uno sbrigativo:
— Faccia lei!
Come fa lei, già lo si sa, è sempre ben fatto. Non resta altro che mettere le gambe sotto uno dei tavoli del salone da pranzo.
Sian resi sempiterni onori a chi lo volle così come è, questo salone. Poeta ed epicureo doveva essere. Tutte rivestite in legno ha voluto le pareti e le finestre ha aperto tra fronde verdi e fruscianti, sì da crearti l'illusione di stare in un aereo nido costruito sui rami di un albero gigantesco. L'occhio si perde tra le foglie, dolcemente agitate dalla brezza monti e rifrangenti in mille sfavillii la luce del sole, meni l'orecchio accoglie la musica fresca ed agreste delle acque del Chisone scroscianti tra i sassi che ne ostacolano la corsa. Il mondo è infinitamente lontano da questa sala, ne fermano ogni eco la barriera verde degli alberi, il tormentato sventagliare delie acque schiumose. Qui si è soli con il profumo della montagna e... con la candida polpa delle trote di «madama Gusto».
Trote come si mangiano soltanto a Miradolo, tratte appena dal Chisone. Allineate nel piatto con le squame argentee punteggiate di rosso e la boccuccia aperta, paiono vive ancora. Squartate, invece, e bollite, le hanno già.
— Ma dove le pescano così belle?
Madama Gusto sorride e allarga le braccia.
-    E chi lo sa? I pescatori lavoran di notte e non rivelan mai dove tendono la rete. Scoperto il gorgo buono, lo tengono segreto perché han paura che ci vengano anche gli altri. È inutile interrogarli. Dai pesci hanno imparato ad esser muti. Delle volte dopo molte preghiere, parlano indicano un luogo. Ma sono bugiardi. Può essere, sicuro che di là non c'è mai passata una trota, neppure per isbaglio.
-    Ma sarà vicino o lontano il posto dove le trovano?
-    In tutto il Chisone ci son trote. Forse quelle che mi vendono le pescano davanti all’albergo mentre noi si dorme.
Non credo che ciò sia possibile, perché Bioletto ha perlustrato a lungo la riva del torrente con gli occhiali ad una spanna dalle acque, ma di trote non ne ha viste neppure una. Ci hanno, però, detto che si nascondono dietro a sassi.
Dove le vadano a cercare, ad ogni modo, interessa fino ad un certo punto, mentre le si mangiano, bollite eppoi condite con olio e limone, oppure fritte nel burro con sopra una foglia verdegrigia di salvia e contornate da quei funghi di Prarostino che quelli che li colgono son più segreti dei pescatori.


In questa cartolina datata 1909 si vede il ristornate prima che l'edificio venisse totalmente rifatto. Sullo sfondo il ponte ricostruito nel 1907 che nella foto è praticamente nuovo.


In questa cartolina stampata nel 1940 si vede il ristorante rifatto al posto del precedente.In questa cartolina stampata nel 1940 si vede il ristorante rifatto al posto del precedente. È in questa veste che viene descritto dal giornalista.

A mangiarle attorno al tavolo di Miradolo è con noi Paolo Zappa, reduce dai suoi incontri con i tagliatori di teste di Borneo. Dimostra, infatti, un'abilità del tutto speciale nello spiccare le testine appuntite delle povere trote.

Piscina Miradolo Atlantis
...Paolo Zappa, reduce dai suoi incontri...

Bioletto ne è ammiratissimo e tacitamente cerca di imitarlo. Apre solo bocca per insorgere quando il nostro giramondo dice:
— Anche nel Maroni c'è un pesce simile...
Bioletto scatta:
— Qui siamo vicino al Chisone. In Piemonte e non nella Guiana. E in tutta, la, Guiana non ci può essere un posto bello come Miradolo.
Bioletto si entusiasma durante le tappe di questo nostro giro gastronomico e sostiene, con piena ragione invero, che qui torinesi i quali non sanno come passare la domenica sono da compatire.

Intanto le trote sono andate già, assieme agli astretti vini di San Secondo e di Campiglione, fatti dell’uve di questi monti, ed arrivan le fragole dei boschi dei dintorni. Tutta roba del luogo c'è qui. E, per finire non mancano i liquori d’erbe di montagna usciti dalle distillerie della vicina Abbadia Alpina, il Genepin ed il Gran Sestriere. Eppoi ci vengano a dire che questi non sono posti per buongustai!

Al suono dei grammofono.

Dite piuttosto che a Miradolo non si mangia soltanto. Si balla anche e c'è un fior di piscina a pochi passi dall'albergo.
Proprio di fronte a noi sta affisso un vistoso cartello su cui spiccano queste parole: «Ogni giovedì, ore 21, danze. Ingresso: Cavalieri, lire 2; Dame: ingresso libero. Ma non solo al giovedì si balla, anche la domenica pomeriggio e l'altre sere, al suono della, radio o del grammofono. Ed i cavalieri sono in gran parte cavalieri per davvero, giacché gli ufficiali della Scuola di Pinerolo son vicini. Gli altri cavalieri, invece, dice madama Questo, sono i mafiôs della città. All'ambiente locale si frammischiano i gitanti da Torino e la pista da ballo del salone è sempre affollata., mentre le note della carioca s'uniscono, sfuggendo dalle finestre, con il cinguettio degli uccelli. Atmosfera di idillio e ritmo di danza negra nella terra benedetta di Miradolo.



... la pista da ballo è sempre affollata

Madama Gusto, frattanto, ha lasciato i paioli della cucina, si è profumata tutta ed è venuta ad assiedersi dietro al banco posto all’ingresso della sala, dove vende i biglietti per il ballo e distribuisce sorridendo strette di mano.
Nei momenti di sosta ci racconta di sé e di suo marito, Augusto Giai, cameriere internazionale a Montreux, a Losanna, a Nizza, a Briançon, che sono venuti qui sedici anni fa ed han comprato una osteria per costruirvi sopra il loro albergo. Quando tutto è stato fatto bello, i clienti han cominciato a venire: gente che ama la tavola delicata e coppie di innamorati. Poi si fecero un nome e lei che si chiamava florealmente Giacinta divenne «Madama Gusto». Gustarono le trote di Miradolo ospiti illustri, primi tra i quali il Principe e la contessa Jolanda. Di Miradolo si interessò anche il senatore Agnelli, sempre vicino a tutto quanto si fa nella vallata.. « È stato il senatore – ci racconta madama – ad affrettare l’arrivo del permesso per aprire la nostra piscina».


La piscina, grande attrazione di Miradolo

La piscina, grande attrazione di Miradolo. Una piscina in tutto e per tutto, essa è, con la sua vasca in cemento, la vasca per le sabbiature, il terreno soffice di rena, le cabine, le docce, le altalene ed il trampolino. Una delle nostre del Po, insomma, portata accanto al Chisone. Nascosta pur essa tra gli alberi e popolata di fanciulle seminude e di robusti ragazzini.
Il ponte del comm. Trombotto.
Ve l'abbiamo detto, c’è tutto a Miradolo, anche una sorgente di acqua solforosa sgorgante fra i boschi, anche di quelle passeggiate che tanto piacciono agli ultimi superstiti dell'amore romantico, anche la visione del Castello del Lupo ricco di leggende, non ultima delle quali quella del sotterraneo scavato al tempo dei Principi d'Acaia che unisce d'un fiato il maniero pinerolese al Castello di Rivoli.
Tutto questo attorno al ponte sul Chisone «costruito — come dice una bronzea targa — nel 1878 col denaro dei Comuni consorziati e della Provincia, auspice e promotore indefesso il comm. Carlo Trombotto, sindaco di San Secondo». Grand'uomo quel comm. Trombetto anche se un bel giorno il Chisone in piena gli mandò all’aria il ponte sì che fu necessario rifarlo.


Ottobre 2015. Ecco la “bronzea targa” citata nell'articolo. È sovrastata da una nuova che ricorda il crollo del ponte dovuto alla piena del 2000 e la sua ricostruzione. In due placche capiamo che dal 1878 ad oggi il ponte è stato rifatto tre volte. Età media inferiore ai cinquant'anni...

Il Chisone, di tanto in tanto, ne fa di questi scherzi. Dicono, anzi, che, in tempi assai lontani, un giorno si sia ingoiata addirittura tutta quanta la frazione di Miradolo. Adesso, però, è un po' di tempo che si comporta bene. Forse ha capito, il buon torrente brontolone, che gli uomini gli sono assai più grati se continua a fabbricare trote da far mangiare, piuttosto che mangiarsi ponti e case per farle rifabbricare.


7 gennaio 2001. Il ponte che l'autore ha citato è stato irrimediabilmente danneggiato dall'alluvione di fine 2000. Sarà completamente rifatto negli anni successivi.