Il rapporto tra piante e specie vegetali è da sempre stato molto
stretto; l'uomo ha dovuto imparare a riconoscere specie a lui utili, in
campo alimentare ma soprattutto medicinale. I primi erbari erano libri
illustrati dove comparivano annotazioni sull'aspetto e sulle proprietà
della specie raffigurate; il primo erbario conosciuto della storia è
quello di Dioscoride, un medico di origine greca del basso Medioevo (I
sec. d. C.). Questo codice è corredato da illustrazioni di grande
realismo ed oggi è conservato a Vienna.
Nei secoli successivi tutti gli erbari prendettero spunto da quello di
Doscoride, ma talvolta veniva modificato e rielaborato a discrezione
del curatore; spesso le rappresentazioni venivano distorte e in molti
casi erano dettate dall'analogia tra pianta e figura umana oppure
legate a miti e magie che nascevano intorno alle specie vegetali per
via delle loro proprietà curative. E' il caso, ad esempio, di molti
erbari ispirati alle teorie di Paracelso (1451-1493) che nella sua
Dottrina dei segni sosteneva che tutte le erbe nascondessero un segno
occulto della loro utilità per l'uomo: così le foglie a forma di cuore
avrebbero curato i disturbi cardiaci, la linfa gialla avrebbe guarito
l'itterizia, ecc.

La mandragora (
Mandragora officinalis)
così come veniva illustrata in un erbario medioevale tedesco
Tra il XV e il XVI secolo, quando le tecniche di stampa non si erano
ancora pienamente affermate, venne avviata una nuova metodologia per la
realizzazione di tavole botaniche, quella della stampa con l'ausilio di
una matrice naturale: la pianta stessa.
Tale tecnica, dettagliatamente descritta anche da Leonardo nel suo
Codice Atlantico (1510-1519), prevedeva di cospargere con nerofumo,
prodotto da una candela accesa sotto un coppo, un lato della pianta che
veniva poi pressata tra due fogli, lasciando la propria impronta.
Questo metodo di realizzazione degli erbari non ebbe grande diffusione,
sia per l'inaffidabilità dell'impronta lasciata sulla carta, sia per le
difficoltà e gli inconvenienti della stessa tecnica. L'uso degli erbari
ad impressione sarà completamente abbandonato nel XVIII secolo.
Gli erbari di specie essiccate (hortus siccus) come li intendiamo noi
oggi, compaiono verso la fine del XV sec. in sostituzione di quelli
illustrati, rendendo la specie riconoscibile senza alcun dubbio o
modifica da parte dell'illustratore di turno. L'esortazione all'esame
delle piante su campioni vivi anziché sui trattati antichi, venne
avanzata per la prima volta dall'umanista Pandolfo Collenuccio da
Pesaro, il quale volendo far conoscere alcune piante al Poliziano,
inviò a questo dei campioni essiccati raccolti durante un'escursione in
Tirolo nel 1493. Poliziano, nel rispondergli per ringraziarlo, gli
riferiva anche che gli studiosi a cui aveva mostrato i campioni non
condividevano assolutamente tale metodo di comunicazione scientifica.
Ma solo poco più tardi, altri botanici abbandonarono progressivamente i
trattati iconografici per occuparsi direttamente dello studio delle
piante dal vivo, avanzando l'esigenza di conservare le loro raccolte
sotto forma di campioni disponibili e osservabili in qualsiasi momento.
Gli erbari essiccati più antichi costituiscono per lo più collezioni a
carattere personale, rappresentando per gli stessi studiosi uno
strumento necessario all'analisi, al confronto e al riconoscimento
delle piante. Con il passare del tempo e l'innovazione della tecnica,
gli erbari vennero prodotti con singoli fogli per ogni campione, in
modo da poter incrementare la raccolta e ordinarli a seconda della
classificazione che veniva di volta in volta aggiornata.

Erbario di Salvatore Portal, primi del XIX
Come
si fa un erbario?
È innanzitutto importante raccogliere la specie che si vuole essiccare
con tutte le sue parti, in modo da avere tutti gli organi per
identificarla al meglio. Il periodo migliore è quello dove si riescono
a vedere i fiori e i frutti della specie, anche in questo caso utili
per l'identificazione certa. È bene annotare in campo la data e il
luogo di raccolta, la quota e l'habitat di raccolta della specie in
modo da avere indicazioni utili alla classificazione.
Il tempo che intercorre tra raccolta e messa a dimora per
l'essiccamento dovrebbe essere il più breve possibile, per far si che
la pianta non affiappisca o perda la sua colorazione. La specie va
disposta tra un singolo foglio di giornale quotidiano, chiamato in
gergo camicia, distendendo al meglio tutte le sue parti; la camicia
viene richiusa e disposta tra due quotidiani interi. Vengono fatti vari
strati alternando sempre giornali e camicie e il tutto dev'essere
pressato uniformemente; maggiore è la pressatura migliore sarà il
risultato.
Trascorso un tempo variabile dai 20 ai 30 giorni l'esemplare è pronto
per essere indentificato con certezza attraverso l'utilizzo di manuali
come la “Flora d'Italia” di Sandro Pignatti, volumi di riferimento per
la determinazione botanica delle specie, e l'ausilio di un
microscopio. Quando la specie è determinata è pronta per essere
disposta sui fogli d'erbario e fissata ad essi attraverso metodologie
diverse; la più utilizzata è quella degli spilli, chiamata “spillatura”
che permette di fissare la specie al foglio, toglierla per osservarla
meglio e sostituirla con un' altra della stessa specie in caso subisca
danni. Accanto alla specie viene posizionato un cartellino che riporta
i dati di raccolta e l'operatore che l'ha effettuata.
Al giorno d'oggi gli erbari continuano ad esistere perché, meglio di
qualunque illustrazione o fotografia, permettono il riconoscimento e il
confronto tra specie.
L'erbario che vedete qui esposto è stato pensato per aiutare
nell'identificazione di specie vegetali che vengono colpite da agenti
patogeni funginei. Le tavole d'erbario presenti sono tutte riferibili
alle attività dell'uomo, si tratta di specie frutticole.