A Camillo Rocchietta
L’industriale innamorato dell’arte e della poesia,
che percorre in bicicletta
le nostre care strade bianche,
guardando le vette azzurre
ed ha in tasca i «pensieri» di Pascal
e le poesie di Verlaine.
La strada che da Bricherasio sale verso il Ponte di Bibiana quest'oggi
è arroventata da un sole rabbioso. Man mano che avanziamo sulla
macchina di Ugo Marino, il Viso si abbassa, mentre il Friulent e la
Rumella prendono delle arie spavalde da colossi della montagna.
Ma che cos'è quel punto bianco che arranca in prossimità della svolta?
Poco alla volta la macchia bianca prende forma e rilievo. È un uomo in
bicicletta. Mentre lo sorpassiamo, Ugo Marino mi dice: È Rocchietta.
E seppi così che ogni mattina I’inventore del «Proton» fa la sua
passeggiata da Pinerolo al Ponte di Bibiana, dove si ferma sotto il
pergolato dell'alberghetto in riva al Pellice a sorbire un Soda Campari
e a leggere un libro di letteratura o di filosofia. Lo attendiamo; sono
ansioso di rivederlo dopo quasi trent'anni. Mi riconosce subito. Io non
sono cambiato, perché sono magro come allora e ho ancora i capelli
neri. Il dott. Rocchietta, allora, quando passeggiavamo sotto gli
ippocastani di piazza Fontana e tentava di convincermi sui miracoli
della pubblicità - era un gran lettore di riviste e giornali americani
pieni di colossali inserzioni pubblicitarie - era alto e magro come il
classico presbiteriano irlandese. Ora invece è molto ingrassato, ma
robusto e abbronzato come un vecchio «cow boys» del Texas.
Quarant'anni fa aveva appena lanciato il suo specifico sulla «Lanterna
Pinerolese», ma era sicuro del successo. Aveva il suo piccolo
laboratorio nel retro della Farmacia Allemandi, che ostentava in
vetrina un colossale Esculapio dalle spalle possenti, opera del pittore
Calosso.
Evidentemente il giovane commesso di farmacia aveva persuaso il dott.
Allemandi ad ordinare l’Esculapio al buona Calosso e questo fu forse il
primo cartellone pubblicitario comparso nelle vetrine italiane.
Ciò che mi sorprendeva in lui era la signorilità dei modi e una castigatezza di parole, che aveva del puritano.
Non rideva mai, non s’interessava di politica e tantomeno di beghismi e
pettegolezzi locali, sempre assorto in qualcosa che vedeva solo lui e
lo astraeva.
Parlava invece volentieri di letteratura e della montagna, per la quale
aveva una grande passione. Lo avevo trovato su tutte le punte del
pinerolese, sul Granero, sul Boucie, sull’Albergia e sull’Orsiera.
Oggi, seduti sotto il pergolato, rievochiamo la gita invernale al
Freidour organizzata nel lontano 1906 dai Club Alpini di Pinerolo e
Saluzzo. Eravamo quasi un centinaio, tutti senza scarponi e calzoni da
montagna, salvo la guida Perotti, l’avvocato Adriano Zola e il geom.
Gander, e fu un vero massacro di piedi e di scarpe, perché il monte era
coperto di neve fino all’inverosimile e il percorso era lunghissimo.
Pinerolo – Freidour – Tre Denti – Pinerolo. C’era un tenente di
cavalleria elegantissimo nella divisa fiammante, il tenente Pirzio
Biroli, che fu poi un valoroso generale, il rag. Sartorio [Damiano
ndr], impeccabile in scarpine lucide e in «tout de même» grigio,
qualche signora e qualche signorina e alcuni ragazzi. Il dott.
Rocchietta mi rievoca la colossale polenta che la guida Perotti
rovesciò poi su alcune mutandine per bimbi in mancanza di tovaglie e
tovaglioli.
Mentre il dott. Rocchietta saliva sui monti, il «Proton» conquistava poco alla volta il primato dei ricostituenti.
Dalla «Lanterna Pinerolese» la pubblicità del «Proton» invase tutti i
giornali della penisola, poi le più famose Riviste italiane e straniere
come l’«Illustrazione Italiana» e la «Illustration Française ». Il
«Tot» e le «Pillole Pink», che fino allora avevano dominato nel campo
degli specifici farmaceutici, furono battuti in pieno. Il miracolo era
avvenuto solo per la tenacia montanara, la fiducia nel lancio
pubblicitario e per le qualità intrinseche della piccola fiala. Nessun
intervento di gruppi di finanzieri, nessun appello a facilitazioni per
l'acquisto di materiale e per l'esportazione. Fu il trionfo di un
metodo.
Il «Proton» perciò fu in quei tempi il vero protagonista della storia
dell'arte pubblicitaria nella penisola. Il dott. Rocchietta fu il primo
a servirsi per la pubblicità di pittori di grido e il suo almanacco con
una figura di bella e rubiconda forosetta dipinta dal Grosso, il grande
ritrattista torinese, che tanto scalpore aveva suscitato con la sua
«Donna nuda», fece epoca.
I Pinerolesi sorridevano, toccandosi la testa, quando vedevano la
pubblicità del «Proton» sui giornali. - «A l'è mat» - dicevano. Invece
era ben sano e quadrato. Un giorno gli chiesi quanto gli rendesse il
«Proton». - Per ora nulla - mi disse. - Tutto il guadagno lo profondo
nella pubblicità. La «reclame» è l'anima del commercio.
E fu in certo qual modo un pioniere. Ora non si produce un bottone od
uno spillo senza che le loro qualità superlative siano squillate ad
ogni angolo dalle trombe della pubblicità. E alle volte è una truffa
bella e buona. E i cartelloni pubblicitari ora invadono anche gli
angoli più romantici ed idilliaci dei nostri monti con staffilate di
rosso, di giallo e di arancione che li profanano. Ma Rocchietta ha
contribuito col «Proton» a far risonare il nome di Pinerolo in tutte le
plaghe del mondo. Un missionario della Consolata, reduce
dall'Abissinia, mi raccontava che in un viale di Asmara aveva sentito
improvvisamente il cuore che gli batteva forte. Su di uno striscione
palpitavano al sole violento tre nomi nostalgici per lui che è un
Pinerolese di Frossasco, «Proton - Pinerolo - Italia».
Il mio allievo conte Mazzetti, fondatore delle «Mille Miglia» e
transatlantico, aveva visto anche lui, quando cadde dal ciclo sulla
costa del Brasale e Del Prete rimase ferito, uno striscione con la
scritta fatidica: «Proton - Pinerolo - Italia».
«Ho subito pensato a lei», mi disse quando lo incontrai dopo il volo.
Povero Mazzotti! Aveva un volto gioviale, una vitalità prepotente ed
era tutto preso da un'ansia febbrile di muoversi e tentare nuove vie!
Con Rasini e Lombado aveva compiuto il periplo africano su un piccolo
monoplano da turismo, poi aveva trasvolato parecchie volte l'Atlantico.
È triste per un vecchio insegnante rievocare gli allievi scomparsi
nella bufera o stroncati da un morbo violento e questa rievocazione in
un libro per la provincia potrebbe sembrare anche fuori luogo, qualcosa
di troppo intimo da tener dentro nel sacrario dei ricordi e degli
affetti. Ma il conte Mazzotti era anche intimo di un'altra bella
indimenticabile figura di Pinerolese scomparso anche lui tragicamente,
Edoardo Agnelli, ed era entusiasta di Pinerolo dove venne a trovarmi
per studiare i piani di un «raid» aviatorio alpinistico dal Viso al
Nevoso. Intendeva atterrare nella conca del Prà, poi a Sauze di Cesana,
a Ceresole Reale e Courmayeur, Saint Jean Trinité, Domodossola e così
via fino al Nevoso. Era un raid ardimentoso per la difficoltà
dell'atterraggio, ma ce l'avrebbe fatta. Purtroppo la morte lo stroncò
dopo la prima «Mille Miglia». Lui ed Edoardo Agnelli erano due Ulissidi
del motore. Perciò la sua rievocazione in questo volume ha un sapore
Pinerolese di gran turismo.
Mentre ammiriamo il superbo panorama della valle, così armonica ed
ariosa con quelle quinte del Vandalino e di Pian Prà, che inquadrano la
sottile cresta azzurra del confine, io penso all'uomo Rocchietta, che
va in bicicletta ed è ancora semplice e sognante come quando lanciava
il primo timido annunzio pubblicitario sulla «Lanterna Pinerolese». È
un milionario che legge Proudome, Balzac, Pascal e Carlyle. Ha sul
rozzo tavolo di pietra accanto al Soda Campari una recente edizione di
Saint Simon, che è un capolavoro tipografico.
Parliamo di storia e di filosofia ed io mi domando con quanti milionari
si può filosofare in questo modo, seduti sotto un pergolato di frasche
rinsecchite...
Tratto da:
Uomini e montagne Pinerolesi
Luigi Timbaldi
1957