Piero Sartorio
ha vissuto in prima persona l’epoca bellica lavorando alla Talco &
Grafite e spesso ricordava in famiglia un fatto avvenuto durante la
Seconda Guerra Mondiale.
All’epoca
ero giovane e lavoravo da poco alla Talco e Grafite, dopo gli studi
universitari al Politecnico di Torino, all’università di Butte negli
Stati Uniti ed alcuni anni di esperienze in altre società minerarie in
Spagna ed in Toscana.
Era tempo di guerra. L’Italia era in parte controllata dagli
Alleati e in parte ancora alleata con i tedeschi.
Dalle nostre parti i nazisti controllavano ancora il territorio,
ma la forte presenza partigiana si faceva sentire.
Un
giorno il comandate delle SS di Pomaretto mi fa convocare per dirmi
qualcosa. Quella mattina mi reco presso di lui terrorizzato e non
avendo idea di cosa mi sarei sentito dire, né di se e come ne sarei
uscito.
Arrivo presso la sede del comando e vengo ricevuto da questo
signore nella sua camera mentre si stava facendo la barba.
Preoccupato ma anche perplesso, mi presento e mi preparo ad
ascoltare…
“Accomodati! Senti bene, non stare a dirmi che non è vero tanto
non ci crederei. Quelle miniere sono piene di partigiani…”.
Ma no! Non è vero…
“Senti bene! È fiato sprecato. Sono piene di partigiani. Ma non è
questo il punto!
Devi
sapere che io sono qui a fare la guerra ma non sono tedesco. Sono
tirolese. E il resto della squadra è della Carinzia. Questa guerra non
ce la siamo cercata. Siamo qui perché ci tocca. Questa guerra prima o
poi finirà. E vorremmo tornare tutti a casa dalle nostra famiglie. Ora…
Tu che li vedi, dovresti convincerli a smetterla di farci imboscate e
tirarci bombe. Abbiamo una fifa nera! Se tutto si tranquillizza, noi
non siamo costretti a fare rastrellamenti, passa il tempo, questa
guerra finisce e torniamo tutti a casa. Chiaro? Vai e fai quello che ti
ho detto”.
Il comandante delle SS
aveva voluto parlare con un giovanissimo in posizione gerarchicamente
non importante. Avesse voluto parlare ai titolari o agli alti dirigenti
avrebbe potuto pretenderlo senza difficoltà. Ma non lo ha fatto. Il suo
obiettivo era più ambizioso che fare una trattativa ufficiale. Lui
voleva parlare alla gente e le circostanze glielo impedivano. La scelta
di un incontro esageratamente informale con una persona senza autorità
particolari voleva proprio far arrivare un messaggio che si capisse che
era sincero e non frutto di strategia politica o militare.
Non
sappiamo se questo colloquio abbia avuto conseguenze. Certamente
rappresenta bene come le persone vivevano quella situazione.
Nota.
Ho
scritto questo racconto raccogliendo ricordi che si riferiscono a fatti
che non sempre possono essere verificati nei dettagli perché non
documentati, oppure perché ormai non ci sono più i testimoni, o ancora
perché sono stati volutamente tenuti riservati per le circostanze che
sono state descritte. Al di là dell’esattezza storica delle
circostanze, sicuramente rappresentano uno spaccato della società di
quell’epoca e di come le persone vivevano.
Consegniamo il ricordo ai posteri così come lo abbiamo ricevuto.
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