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Il più antico e meglio
noto documento che parla della
presenza dello stambecco nelle valli è la “Histoire
générale des églises Evangéliques de Piémont ou Vaudoise” di Antoine
Léger del
1669 nella quale l’autore fa notare la sua incredibile agilità e le
supposte
proprietà benefiche del suo sangue.
Lo stambecco è facile da avvicinare in quanto non ha
particolarmente paura degli umani. Forse anche questa è la ragione per
la quale
era nel XIX secolo era quasi scomparso dalle alpi. In quell’epoca,
studiosi
della Reale Accademia delle Scienze di Torino suggerirono al Re di
proteggere
gli stambecchi ancora presenti nell’area del Gran Paradiso.Il Re
accolse la
proposta e istituì la Reale Riserva di caccia del Gran
Paradiso, antesignana
dell’attuale Parco Nazionale.Negli anni 80 del XX secolo
sono stati attivati molti
progetti di reintroduzione su tutto l’arco alpino. Uno di essi ha
coinvolto il
Parco Regionale della Val Troncea, confinante con la valle Germanasca.
L’iniziativa ha avuto successo e gli animali hanno
subito
iniziato a riprodursi autonomamente. Negli anni successivi hanno
iniziato a
diffondersi nelle aree circostanti arrivando a mischiarsi con nuclei
introdotti
altrove.
L’abbondanza di spazio in alta quota – troppo ostile per la
maggior parte degli animali – ha aiutato la loro rapida espansione.
Oggi si possono incontrare facilmente nelle aree alpine
idonee alla loro presenza.

Immagine tratta da: “Histoire générale des églises Evangéliques de
Piémont ou Vaudoise”
Antoine Léger - 1669

Gruppo di femmine e yearlings

Maschio

Femmina

Yearling che scende dal tetto di una casermetta.
Foto fatte al Col Frappier nel 2005.
