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L'uso di piani inclinati per il trasporto di carichi è stato molto diffuso fino alla prima metà del ventesimo secolo sia in sotterraneo che all'aperto. Non è stata un'eccezione la valle Germanasca dove ne sono stati usati parecchi sia nella coltivazione del talco che in quella del marmo. L'opera di questo tipo più grande della valle è stata costruita proprio per il trasporto del marmo dalla cava Cabitto alla carrozzabile per Perrero. Vediamo da un manuale dell'epoca come funzionavano questi impianti.
Tratto da:
ARTE MINERARIA
Volume Secondo
Luigi Gerbella
Ulrico Hopeli
1938
Quanto sopra,
però, non vale, quando si tratti di forti carichi
indivisibili. È il caso, ad esempio, delle numerosissime cave
di marmo e di pietre pregiate, sparse in tutte le montagne d'Italia.
Se i pendii dei
monti, lungo i quali devono scendere i grossi blocchi di marmo, di
granito, ecc., sono coperti di detriti, soggetti a rimozione, ad
aumenti, a franamenti, non è certo il caso di montare un piano
inclinato, ma si adotterà, come abbiamo già visto, la
lizzatura semplice o meccanica. Quando invece si ha la possibilità
di mantenere stabile e sgombra da invasioni di detriti, la via di
trasporto, se la produzione giustifica le spese d'impianto d'un mezzo
meccanico di trasporto, il quale, si noti bene, in non pochi casi può
offrire l'unica possibilità di razionale coltivazione di tali
giacimenti, la soluzione più razionale è quella
d'impiantare un piano inclinato.
I piani
inclinati nelle cave servono a riunire i cantieri di coltivazione con
la più prossima strada ordinaria o ferrata sottostante, con
abbassamento di quota anche di parecchie centinaia di metri e per
lunghezze di km.
Questi piani
inclinati sono sempre a semplice binario, con o senza scambio nel
mezzo, cioè a doppio o semplice effetto. In quest'ultimo caso,
un solo carrello circola sul piano inclinato e l'argano ha un tamburo
sul quale si avvolge e svolge la fune. Raramente si adoperano piani
inclinati esterni di grande potenza, con contrappeso.
Nella scelta
della sede del piano inclinato, l'ideale sarebbe di poter avere
sempre un tracciato rettilineo, come ad esempio il piano inclinato
della fig. 157,
costruito
dalla Società Ceretti e Tanfani per la Società
Andolfatto e Longo
di
Bassano. Con questo piano inclinato, avente tratti con pendenza
dell'80
%, si possono
discendere blocchi di granito fino a 25 tonn. Quando però non
è praticamente possibile seguire tracciati rettilinei, per i
grandi spostamenti di terra e per le opere d'arte che tali tracciati
richiederebbero, i piani inclinati si adattano al terreno inserendo,
se necessario, delle curve e deviando le funi mediante appositi
rulli.
Nei tratti
rettilinei, le funi scorrono sopra rulli verticali posti a distanza
tale l'uno dall'altro (circa 10 m.) da evitare qualsiasi sfregamento
delle funi sulla sede.
Nella parte di
piano inclinato fra la stazione superiore e lo scambio, vi sono in
linea due tratti di fune e pertanto si mettono due serie di rulli, in
modo che i due tratti di fune non vengano mai a contatto (figura
158).
Nelle curve, i
rulli di guida sono montati inclinati ed il loro diametro e numero
varia con la lunghezza dell'arco e col raggio della curva. Se le
curve verticali sono concave, la fune ha tendenza a sollevarsi dalla
sede per disporsi secondo la corda della curva. I rulli di guida
assumono in questo caso
la
forma di rulli di pressione, fissati a mensola sulle traversine
A (fig. 159), e sotto
di essi scorre la fune assicurata ai carrelli per mezzo di un braccio
e di un morsetto M, che rendono possibile il passaggio dell'attacco
sotto tali rulli; T è una traversa del telaio del carrello. I
piani inclinati a doppio effetto per la discesa di blocchi dalle
cave, sono quasi sempre automotori.
In questo caso
la regolazione del movimento è ottenuta, o con freni a nastro
a mano, oppure con freni automatici, ad aria od idraulici. In questi
ultimi apparecchi la forza motrice esuberante è assorbita a
mezzo d'una pompa rotativa ad alta pressione. Un pendolo centrifugo
comanda la valvola di distribuzione, limitandone l'apertura. Quando
la valvola è aperta, l'apparecchio lavora a vuoto e
l'assorbimento di lavoro è in conseguenza quasi nullo. La fig.
160
rappresenta uno di
questi apparecchi, costruiti dalla Società Ceretti e Tanfani;
la pompa è chiusa nel serbatoio ed in parte annegata
nell'olio, evitando così il lavoro di aspirazione.
Questo
regolatore può essere montato coassialmente sull'albero delle
molette delle funi, oppure più opportunamente collegato con
trasmissione a cinghia.
Il regolatore a
vento è di costruzione molto più semplice e si compone,
essenzialmente, di palette messe in moto dall'albero principale
dell'argano. Aumentando la velocità, la resistenza dell'aria
serve da freno. Questo regolatore è più indicato per
teleferiche.
Gli argani dei
piani inclinati a doppio effetto automotori possono essere provvisti
di tamburi sui quali si avvolgono e si svolgono i due tratti di fune.
La fig. 161
rappresenta un
argano di questo tipo di costruzione Ceretti e Tanfani. In V sono
indicati i volanti dei freni a nastro che agiscono sulle pulegge P.
Detti argani
possono essere anche a fune continua, che passa su d'una puleggia di
rinvio (moletta). Secondo la differenza di tensione dei due capi
della fune, s'impiegano molette a una, due, tre gole con rinvio della
fune stessa sopra una contromoletta.
Le moiette
possono montarsi orizzontali (fig. 162)
o verticali (fig. 163).
Nel
primo caso sono necessarie delle pulegge di guida supplementari G,
per riportare i due tratti della fune ad una distanza di 20 cm.
circa, onde poterli guidare fra le due rotaie. Con le molette
verticali, queste pulegge di guida sono eliminate; inoltre il
supporto di base è sostituito da supporti diritti ordinari, di
più facile manutenzione.
Nella fig. 162,
V è il volante per il comando del freno a nastro F. In P è
indicato il supporto portante della moletta principale M; C è
la contromoletta.
Nella fig. 163
le tre lettere M, C e V rappresentano rispettivamente la moletta
principale, la contromoletta e il volante del freno a nastro.
I raggi di
curvatura sia zenitali che azimutali nei piani inclinati esterni
variano col variare della distanza fra gli assi dei carrelli e collo
scartamento del binario. Le rotaie impiegate per portate di 20 tonn.
utili, sono del tipo da 25÷30
kg. al metro.
La massima
pendenza finora raggiunta, in questi piani inclinati, in Italia è
del 100 %.
I carrelli
possono essere normali, a piattaforma parallela al piano del binario,
oppure a piattaforma inclinata (fig. 164),
preferibile per forti inclinazioni.
Le funi devono
essere molto flessibili; sono di solito del tipo a 6 trefoli con
12÷19 fili ognuno
ed un'anima tessile; il coefficiente di sicurezza si tiene da 5 a 7.
Per il calcolo
dello sforzo S cui è sottoposta la fune, se il piano inclinato
è rettilineo ed ha pendenza pressoché costante, si
procede come segue.
Si considera la posizione più sfavorevole, che è evidentemente quella in vicinanza della stazione a valle, dove però la pendenza è ancora tang α. Se L (fig. 165) è la lunghezza della fune, p il suo peso al ml., ricavato da confronti con impianti analoghi, P il peso complessivo del massimo carico utile del carrello, F il coefficiente di trazione del carrello, f il coefficiente di attrito della fune sui rulli, avremo evidentemente:
S = P (sen α — F cos α) + p L (sen α — f cos α).
Nei casi normali a tracciato rettilineo, può ritenersi (con linea in moto) :
F =
0,01÷0,02;
f =
0,015÷0,025.
Se il profilo
del piano inclinato ha sensibili variazioni di pendenza, bisognerà
verificare la sezione della fune nei punti di inclinazione massima,
tenendo anche conto, naturalmente, della variazione del peso p L
della fune, relativa al variare delle livellette successive e al
variare di L.
Se in testa al
piano inclinato si dovesse applicare un motore per sollevare il
carico complessivo P, lo sforzo di trazione sarebbe in questo
caso:
S = P (sen α + F cos α) + p L (sen α + f cos α).
Stabilita la velocità v del carrello, la potenza N in HP del motore necessario sarebbe data, chiamando η il coefficiente totale del rendimento del piano inclinato, dalla solita formula:
N = Sv/75η
Nei piani inclinati normali rettilinei si tiene di solito:
v = 0,50÷1,50 m./sec. e si ha η = 0,65÷0,75.
Se
il tracciato del piano inclinato comprende delle curve azimutali, per
calcolare lo sforzo S della fune si procede come indicato
sopra, tenendo però presente che in corrispondenza delle curve
si deve raddoppiare il valore dei coefficienti d'attrito F ed
f.
Nei
piani inclinati automotori, con il carrello carico che scende e il
vuoto che sale, sarà facile calcolare, dalla differenza delle
tensioni nei due tratti di fune allo spunto, quale carico si può
collocare sul carrello che sale, per trasportare eventualmente in
cava attrezzi, legname, materiali vari necessari nei cantieri.
Quando
questa differenza è in favore del carrello che sale vuoto o
carico di detti materiali, che necessita trasportare in cava, il
piano inclinato non potrà essere automotore, ma sarà
necessario applicare un motore, la cui potenza si otterrà
considerando la differenza delle tensioni nei due tratti di fune.
Numerosissimi
sono in Italia gli esempi di grossi piani inclinati, in servizio in
cave e in miniere. Basterà ricordare quello dianzi accennato,
della Società Andolfatto e Longo a Bassano Veneto, quelli
della Società Marmifera Nord Carrara, quello della S. A. Cave
di S. Vittore a Balangero, ecc. ecc., tutti costruiti dalla S. A.
Ceretti e Tanfani di Milano.
Questa antica tecnologia viene tutt'ora
utilizzata in impianti destinati alle più disparate applicazioni.
È estremamente semplice ed ha un livello di sicurezza pressoché totale
nel senso che, essendo i due convogli solidamente collegati al cavo
qualsiasi scontro è impossibile. Nel caso di impianti orizzontali in
presenza di qualsiasi guasto i convogli non possono far altro che
fermarsi.
Nel caso di piani inclinati succede la stessa cosa anche se a prima
vista non sembrerebbe possibile. Un carrello con un carico di molte
tonnellate disposto su un piano inclinato a forte pendenza, nel caso di
rottura del cavo sembrerebbe dover partire in caduta libera.
In effetti questo non succede. I carrelli usano lo stesso trucco che
usano i pipistrelli per dormire... La zampa del pipistrello è fatta in
modo che una volta che l'animale si è “appeso”, è proprio il peso
dell'animale a provocare la chiusura della zampa per mezzo di un
tendine messo in modo opportuno. Per cui l'animale può effettivamente
rilassarsi in quanto deve fare lo sforzo solo per aprire le dita; non
per chiuderle. La stessa cosa che capita agli uccelli quando dormono
sui rami. Ma dall'altra parte...
I carrelli che operano su piani inclinati, così come i carrelli ad
ammorsamento mobile delle teleferiche o degli ascensori, sono fatti in
modo che il loro stesso peso li tiene bloccati. Sono i dispositivi
attivi – motori o altro – che “fanno uno sforzo” per sbloccarli.
Un esempio contemporaneo è il treno che trasporta i passeggeri fra i
terminali dell'aeroporto di Detroit. Si tratta di un treno su ruote
gommate fatto di due convogli collegati da una fune che percorrono in
modo “vai e vieni” un unica linea che a metà percorso si sdoppia per
permettere ai due convogli di incrociarsi.