Miniere
e cave |
Impianti
a fune |
Lavori |
Cava di marmo Cabitto.
Vista
sulla cava in direzione Crȏ Jouvënt, crinale che separa il vallone che
porta a Ghigo da quello di Faetto e dal quale si poteva scendere in
entrambe le direzioni.
Foto del 2007.
Il toponimo “Cabitto” significa baracca.
Risulta che già nel 1378 ci fossero degli scalpellini attivi a Perrero.
Nel libro «Pinerolo antico e moderno ed i suoi dintorni» del canonico
G. Croset-Mouchet (Tipografia Municipale di G. Chiantore - Pinerolo –
20 luglio 1854) si può leggere: «...Trovansi pure in questa provincia
alcune quantità di marmi, il bardiglio (bigio-chiaro venato), ma
specialmente il bianco di Perrero. Queste cave erano state anticamente
coltivate: ed avevano somministrato il marmo col quale fu rifatta la
facciata della Metropolitana di S. Giovanni in Torino nel 1498, ma
poscia furono deserte o per incuria degli uomini e per deficienza nelle
arti, o per ingiuria delle sanguinose guerre. Ma sono state riattivate
pochi anni or sono, mercé il generoso eccitamento di Re Carlo Alberto,
il quale ne fece estrarre i marmi dei più preziosi ornamenti della Real
Villa di Racconigi, e delle colonne che fregiano parecchie sale del
Real Palazzo di Torino. Oggi queste cave prosperano mercé l'esperta
attività del signor Cav. Gagini insigne scultore».
Nel 1927 i Fratelli Campo di Susa hanno costituito la “Società Rocca
Bianca” e riaperto la cava per poi richiuderla nel 1930 a seguito del
fallimento dell'impresa.
Nel 1932 è stata completamente smantellata.
Nella stessa epoca veniva aperta una nuova cava in località Maiera sul
versante di Praly.
Incisione datata 1674.
Foto: 15 Agosto 1994.
Il
cantiere si trovava a parecchie ore di marcia dal più vicino centro
abitato ma era dotato di quanto necessario per poter funzionare.
C'erano edifici destinati ad uffici ed abitazione per il personale
nonché una cucina che distribuiva pasti caldi, la stalla per il
bestiame ed un acquedotto che prelevando l'acqua dal versante di Praly
la conduceva fino al cantiere.
L'estrazione procedeva per “varate”, cioè provocando crolli di grosse
quantità di marmo che poi venivano preparate per il trasporto.
Si procedeva scavando cunicoli sotto il giacimento lasciando pilastri
di
roccia a sostenere il marmo soprastante. Completato lo svuotamento, si
minavano i pilastri rimasti provocando il collasso della parte
soprastante.
Il marmo veniva segato con filo elicoidale d'acciaio azionato da
pulegge. Il lavoro di riquadratura procedeva anche a scalpello
utilizzando mazze di 11 kg.
Ancora adesso si vedono i cunicoli che venivano scavati sotto al
giacimento per preparare la “varata”.
Foto: 15 Agosto 1994.
Baraccamento dei dipendenti.
Foto del 2007.
Originariamente il marmo veniva
lizzato
a valle lungo la mulattiera che ancora oggi si usa per andare alla
cava. Tant'è che lungo di essa si trovano ancora blocchi abbandonati
talvolta parzialmente lavorati.
Nel 1928, la cava è stata dotata di un
piano inclinato lungo
3,164 metri dotato di ferrovia che trasportava i blocchi al Ponte di
Crosetto 800 metri di dislivello più in basso.
A monte si trovava un gru capace di sollevare 15 tonnellate che veniva
usata per caricare i carrelli.
Poiché il tracciato non era rettilineo in quanto doveva seguire la
conformazione del terreno, il viaggio del carrello era accompagnato da
un addetto che controllava la discesa tenendosi in contatto col
manovratore. La comunicazione avveniva grazie ad una linea telefonica
che correva lungo il binario che però veniva usata montando un apposito
telefono da campo solo in casi di emergenza. In condizioni normali,
l'addetto percuoteva il filo della linea con un bastone col puntale di
rame provocando il suono di un campanello nella cabina del manovratore.
La codifica era: uno squillo, stop; due squilli, marcia avanti; tre
squilli, marcia indietro; quattro squilli, problemi particolari e
passaggio al telefono da campo.
1934: un grosso carico di marmo scende dal piano inclinato.
Foto di
Piero Sartorio.
1934: la ferrovia del piano inclinato quando era in funzione. Al centro
si nota il cavo traente.
Foto di
Piero Sartorio.
Su questo stralcio di una vecchia mappa IGM al 25.000 si vede il tratto
del piano inclinato nella zona di arrivo nei pressi della provinciale
per Praly.
Stalla e servizi della cava.
Foto del 2007.
Panorama sulla cava.
Il filone di marmo ha una potenza di circa 60 metri. È per lo più
bianco con estese zone di striato grigio e bardolino.
Le rocce grigie visibili in alto nella foto sono di marmo bianco... La
ragione sta nel fatto che nel tempo muschi, licheni e depositi vari ne
hanno coperto la superficie.
Foto: 15 Agosto 1994.
Edificio che ospitava l'argano del piano inclinato.
Foto del 2007.
Edificio con fontana.
Foto del 2007.
Panorama con la luna.
Foto del 2007.
Marmo semi lavorato e abbandonato.
Foto del 2007.
Vista.
Foto del 2007.