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Ecco
alcune visioni di Torino durante il primo inverno di guerra
accompagnate dai racconti di Piero
Sartorio.
Alcune visioni torinesi di quel primo inverno di guerra
1940-1941. Il Corso Massimo D'Azeglio, la neve sugli alberi del
Valentino, il Po in veste siberiana, gli spalatori davanti al castello
del Valentino.
Il Corso Massimo D'Azeglio.
Torino inverno 1940-1941.
Foto di Piero Sartorio.
La neve sugli alberi del Valentino.
Torino inverno 1940-1941.
Foto di Piero Sartorio.
Il Po in veste siberiana.
Torino inverno 1940-1941.
Foto di Piero Sartorio.
Gli spalatori davanti al castello del Valentino.
Torino inverno 1940-1941.
Foto di Piero Sartorio.
Se
scrivo delle mie, delle nostre reazioni, al clima di guerra rischio
d'incorrere in solenni cantonate; bisognerebbe che avessi lo spunto
almeno dalle letture dei giornali dell'epoca. Io credo che l'argomento
principale degli italiani non fosse tanto l'invasione delle Francia e
della Norvegia da parte del Reich, non fossero tanto i grandi successi
tedeschi nella battaglia dell'Atlantico o la perdita dell'Africa
Orientale, o le nostre corse avanti e indietro in Libia, quanto le
difficoltà di trovare da mangiare; tutti parlavano di tessere, di turni
tessera, di mercato nero, di pane bianco, di surrogati, delle mille
astuzie per venire in possesso dei cibi introvabili.
E sotto questo punto di vista gli abitanti della città si trovavano
molto peggio di noi provinciali che avevamo aperte le
infinite vie della campagna. Non ricordo bene se fu in questo tempo che
il mio amico Beppo, andato in Africa settentrionale come medico coi
primi contingenti, fu fatto prigioniero dagli inglesi. I suoi genitori
letteralmente impazzirono e diedero spettacolo perfino ridicolo, tanto
più che quello, come medico, se la passava abbastanza bene anche in
prigionia. Non solo. Ma qualche mese dopo ebbe la fortuna di essere
scambiato e se ne tornò a Pinerolo bello grasso e allegro, dicendo un
gran bene degli inglesi.
Allora la cosa giunse all'orecchio del segretario politico che lo mandò
a chiamare e lo diffidò dal seguitare su quel tono, troppo in contrasto
con la propaganda corrente. E così da quel giorno Beppo parlò
d'inaudite sofferenze nei campi di prigionia.