Benché oggi nelle nostre
valli non ci siano più miniere di grafite attive, all'inizio del secolo
ce n'erano numerose e la loro importanza economica era notevole. Il
problema era che tutti gli usi industriali di grafite richiedono che
sia costituita esclusivamente da carbonio mentre quella estratta dalle
miniere ne aveva, nei casi migliori, il 50%.
Si rendeva quindi
necessario "arricchire" la grafite. L'arricchimento è un procedimento
industriale che, eliminando i materiali diversi, aumenta la percentuale
di carbonio nella grafite.
Lasciamo che l'ingegner Ridoni ci spieghi come:
«Il
procedimento, che definitivamente si presentò come più pratico, fu
quello di trattare le grafiti con soluzioni acquose di acido
fluoridrico di determinate densità, facendo intervenire in seguito
l'acido solforico per scomporre i vari fluoruri che si formano,
eliminare il fluoro di silicio gassoso, ed ottenere la serie dei
solfati solubili in acqua: abbondanti lavaggi con acqua, fatti per
decantazione prima ed a filtropressa dopo, restituiscono le grafiti a
quello stato di purezza che le proporzioni opportunamente calcolate di
reagenti e di materie da trattare ci permettono di ottenere a volontà.
Col
trattamento accennato le grafiti raggiungono inoltre un grado di
estrema finezza tutto a vantaggio di alcuni usi ai quali esse possono
destinarsi e del loro valore commerciale.
Eravi
la difficoltà di avere dell'acido fluoridrico a prezzo conveniente per
il nostro trattamento. In Italia non ne esiste alcuna fabbrica, dacché
la Ditta Carlo Erba, che anni addietro ne produceva, da tempo ne
soppresse la preparazione. L'acido che, prima della guerra, proveniva
ancora dalla Germania, giungeva a noi carissimo, e pertanto non
conveniente. Gli apparecchi in genere per la produzione di questo acido
sono tutti fondati sul principio di dare dell'acido concentrato
(al 60 %), che più si addice ai veri tipi di grafite ed agli
arricchimenti che si vogliono ottenere, pericolosissimo a prodursi ed a
maneggiarsi: ora, per le nostre grafiti non è necessaria una soverchia
concentrazione, ed usando soluzioni un po’ diluite si diminuiscono e,
può dirsi, si tolgono quasi totalmente i gravi pericoli inerenti
all'uso dell'acido fluoridrico. Si studiò quindi un apparecchio capace
di produrre soluzioni di acido fluoridrico in acqua a quel grado di
concentrazione, adoperando in esso della fluorite di Val Trompia
(miniera di Collio) al 96% in CaF2 ed attaccandola con acido
solforico alla concentrazione di 66° Bé.
Gli
apparecchi, tutti fabbricati in Italia, funzionando negli appositi
locali del Società Talco e Grafite Val Chisone e corrispondono
completamente al loro scopo».