«Siamo ancora restii a certe
novità: manca ed è mancato nelle nostre industrie il metodo saggiamente
sperimentale: in quelle straniere, per poca importanza che esse
abbiano, sappiamo tutti come si trovino laboratori speciali i quali
sono destinati non solo al controllo dei prodotti normali e di smercio,
ma ancora allo esperimentare le novità, le modificazioni, le migliorie,
ben sapendosi che lo stare fermi nell'industria significa retrocedere.
Né
da noi Italiani il metodo sperimentale è da considerarsi quale un
prodotto di oltre Alpi e, per questo, riguardarlo ora quasi come
contrario alla indole nostra, quanto proprio da noi e già da secoli
quel metodo ebbe in Leonardo, nel Biringuggio, in Galileo, nel Volta,
nella scienza come nell'industria, dei propugnatori e dei precursori
sovrani; e l'italiano "provando e riprovando” della gloriosa Accademia
del Cimento dovrà essere pure il motto di ogni illuminato industriale
come lo sta divenendo per alcune delle maggiori organizzazioni
dell’industria nostra.”
L’ingegner
Ercole Ridoni nelle sue pubblicazioni, non lesina critiche
all’avversione per le idee e le cose nuove che chiama “misoneismo
italiano”. In particolare, contesta in modo severo l'assenza di ricerca
e dell'uso del metodo sperimentale. "Non si fa abbastanza ricerca" è
una frase ricorrente sui mezzi di comunicazione attuali dai quali
apprendiamo che le spese di ricerca italiane sono decisamente inferiori
a quelle degli altri paesi.
È curioso notare che in quasi un secolo,
con tutti i cambiamenti che vi sono stati, da questo punto di vista
nulla è cambiato dai tempi dell'ingegner Ercole Ridoni.
Ercole
Ridoni ha ben diritto di dirlo, lui ha sperimentato e inventato tutta
la vita collezionando molti successi. Se Pinerolo ha raggiunto lo
sviluppo industriale odierno è anche grazie agli elettrodi in grafite
naturale, alla sua tecnica di arricchimento della grafite ed alle
tantissime altre idee che ha concretizzato nella sua vita professionale.
L'entusiasmo
che egli provava per le novità viene anche sottolineato da una nota di
sarcasmo. Parlando della grafite, ci spiega che un tempo veniva
chiamata "piombaggine" in quanto si pensava contenesse piombo. Con lo
sviluppo delle conoscenze in campo chimico si è appurato che invece si
tratta di "carbonio". È comunque rimasta l'abitudine di usare i due
nomi.
Ecco cosa ricorda :
«[…]
non è ancora sparito dall'uso comune, recando spesso confusioni, il
nome datole da noi di piombaggine, come plumbago dagli inglesi e dai
francesi plombagine. È recente il caso di un capo-tecnico di fonderia
che rifiutava della grafite mandatagli in luogo della piombaggine da
lui richiesta».