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Miniere e cave Impianti a fune Lavori


Miniere di Envìe - Strutture esterne.

 

Intorno ai 1850 di quota, dove arrivava la teleferica e successivamente la sciovia Bosco Nero, si trova una buona parte delle strutture esterne.


La zona indicata sulla mappa dell'archivio Ecomuseo delle Miniere e della Val Germanasca.



Strutture esterne in attività.
La foto non è datata ma data la posizione nell'archivio Sartorio archivio è poco anteriore al 1919.


Agosto 1998.
Non conosco la collocazione originale del sasso inciso che ho fotografato in quell'anno. Nel 1917 la miniera apparteneva alla ditta Alliaud che due anni più tardi sarebbe confluita nella Talco & Grafite.
M46


Agosto 1998.
Vagonetto da decauville trasformato in fontana. Il tubo che porta l'acqua è un vecchio tubo dell'aria compressa. Non mi è chiaro “cosa ci fa” a Envìe quel vagonetto. Il modello utilizzato in queste miniere era diverso. Questo tipo sembrerebbe di quelli utilizzati a Malzas che avevano uno scartamento maggiore e più grande capacità di carico.


Agosto 2008.
Marchio del vagonetto trasformato in fontana. Si legge: Gio. Viganoni – Milano – Via S. Andrea 5.




Agosto 2015.
Edifici di servizio della miniera. Nel periodo di attività della sciovia Bosco Nero sono stati utilizzati per ricoverare il battipista e come deposito attrezzi.
M47


Agosto 2015.
Esterno dell'edificio che ospita la forgia collegato alla galleria Envie n°1.
M45


Agosto 2015.
Interno dell'edificio che ospita la forgia.
M45




Agosto 2015.
Interno dell'edificio che ospita la forgia.
M45



Agosto 2007.
Grosso serbatoio per l'aria compressa.


Agosto 2007.
Etichetta del serbatoio per l'aria compressa. Ditta: OSAT di Sesto San Giovanni, N° 940 anno 1938.
Al di sotto dell'etichetta si vede un punzonatura che riporta un numero compreso fra due simboli che mi sembrano stemmi Sabaudi. Potrebbe essere la certificazione del serbatoio di qualche autorità dell'epoca.


Agosto 2015.
Di fonte ai magazzini c'era questo dispositivo che consentiva di ruotare i vagoni di 90° rimanendo sul posto. Era necessario perché la decauville scorreva davanti all'edificio in prossimità del muro perimetrale, per cui non c'era spazio per le ampie curve richieste dalle ferrovie. A prezzo di una certa necessità di manutenzione, con questo mezzo la necessità di spazio veniva eliminata.


La miniera di Envìe disponeva di due depositi di esplosivi. Uno più grande disposo a valle dei baraccamenti del personale e uno piccolo che si trova a monte degli stessi edifici.
Non dispongo di documentazione che spieghi la ragione dei due depositi. Il più grande è chiaramente più antico e più lontano dalle gallerie. Il più piccolo è chiaramente più recente – è già fatto di mattoni moderni a 6 fori mentre l'altro è in pietra – e con ogni probabilità era una riservetta per il rapido accesso fatta per comodità di accesso dalle gallerie in attività.
Per proteggere i depositi dai fulmini si ingabbiavano in un reticolato metallico con una maglia dimensionata in modo che eventuali scariche venissero portate a terra dal reticolato lasciando l'edificio protetto dalla cosiddetta “Gabbia di Faraday”.
Per evitare scintille si eliminava totalmente l'uso di qualsiasi metallo ferroso da tutto l'edificio. Impresa non semplice in un'epoca in cui i materiali di sintesi non erano ancora stati inventati.


Agosto 2015.
Deposito esplosivi più grande visto dall'ingresso.
M49


Agosto 2015.
Interno del deposito esplosivi più grande.
M49


Agosto 2015.
Caratteristica finestra fatta per garantire la ventilazione proteggendo dalle onde d'urto in caso di esplosione. Sono stati usati mattoni in cemento per garantire la forma corretta.
M49


Agosto 2015.
I mattoni in cemento usati per le finestre fanno parte dei rari materiali edilizi non ricuperati sul posto. I muri sono in pietra locale e il legname veniva solitamente ricuperato sul posto. La forma delle finestre era determinante per la corretta funzionalità rendendo necessario l'uso di prodotti concepiti ad hoc.


Schema della sezione della finestra vista in pianta.


Agosto 2015.
Particolare di un isolatore della gabbia di Faraday. L'unico materiale disponibile per fare ancoraggi sicuri ad un muro era il ferro che però era anche vietato usare per evitare scintille.
Per risolvere il problema veniva fatto un isolatore in ceramica che dal lato muro aveva un perno in ferro che consentiva il montaggio solido. Ma il perno si fermava nella ceramica. Dopo un certo spessore di sola ceramica si apriva un foro filettato verso l'esterno nel quale veniva avvitato un perno filettato – questa volta volutamente ferroso – che sosteneva la rete che costituiva la gabbia di Faraday.


Agosto 2015.
Anche la serratura non poteva essere in metallo ferroso. Era in ottone (o lega simile) e si è conservata priva della ruggine che caratterizza il ferro.


Agosto 2007.
Ecco la piccolissima polveriera di monte. Collocata a distanza di sicurezza dalle altre strutture, mostra ancora gli isolatori elettrici che costituivano una gabbia di Faraday.
M46


Agosto 2007.
Vista posteriore della riservetta di monte. È molto evidente la costruzione con il pavimento più alto del terreno e la parte inferiore ben ventilata per garantire la protezione dall'umidità.
M46


Agosto 2015.
Particolare dei mattoni a 6 fori che evidenziano una costruzione più recente del deposito principale che è completamente in pietra.
M46