Caro
Mario,
Oggi ho restituito le chiavi del Tuo
museo.
Ti ricordi? Un giorno di un po’ di anni fa, ero un bambino sulla sedia
del dentista… Tuo figlio! A quell’epoca avevate lo studio insieme.
Naturalmente mi sono messo a piangere, tu hai sentito e sei venuto a
confortarmi. Conclusa l’antipatica seduta abbiamo ancora parlato un
po’, poi mi hai congedato regalandomi una farfalla. “Zappavi nel
morbido”. La natura mi affascinava fin dalla nascita e con Te non
poteva che esserci una sintonia spontanea che sarebbe rimasta per tutta
la vita.
Così abbiamo cominciato a frequentarci e siamo diventati amici. I soli
sessant’anni di differenza di età probabilmente ci hanno aiutati. Mi
affascinava sentirti raccontare di quando tua mamma ti mandava in
Austria a comprare lo zucchero perché costava meno [
Mario Strani
era veronese del 1907] o di quando studiavi a Monaco e hai sentito uno
scalmanato arringare un piccolo gruppo di passanti. Ti hanno detto che
era un tale di nome Hitler con idee deliranti che nessuno
considerava... Era un’emozione straordinaria vedere lo stesso mondo, che
per me era passato, attraverso ai tuoi occhi che lo hanno visto quando
era ancora futuro.
Fra un racconto e l’altro mi hai portato a vedere il nascente museo di
scienze di Pinerolo. Un’unica stanza che avevi ottenuto a Palazzo
Vittone per fare il lavoro di divulgazione scientifica cui tenevi tanto
e che negli anni di Covid-19 abbiamo capito quanto era importante e
quanto Tu vedevi lontano.
Per me bambino, muovermi in mezzo a quelli che, per me, erano
scienziati era un onore altissimo e, col senno di poi, una pacchia
culturale perché certamente ho imparato di più frequentando quella
comitiva di sgangherati che studiando faticosamente a scuola.
Passando disinvoltamente da disquisizioni scientifiche acrobatiche alla
sega circolare, con i vari amici dell’epoca, le stanze sono diventate
progressivamente sette e si sono popolate delle Tue collezioni che
successivamente hai formalmente donato alla cittadinanza.
Ad un certo punto occorreva organizzare meglio una gestione che era
troppo ad personam per cui abbiamo fondato l’Associazione Naturalistica
Pinerolese col compito di occuparsi della gestione del museo. I
volontari sono aumentati e, mentre Tu ti avvicinavi al secolo, io
diventavo adulto e venivo eletto direttore del Tuo museo.
In quel momento il gruppo di volontari era fitto ed entusiasta. La
prima cosa che ho seguito nella mia nuova veste è stata la
ristrutturazione di tutte le sette sale di Palazzo Vittone. Per tre
mesi abbiamo fatto “il gioco del 15” col museo. Di sera arrivavamo in
forze a svuotare una sala mettendo il materiale in quella attigua per
permettere agli elettricisti di lavorare. Poi si ripeteva la scena per
ogni sala. Poi si ripeteva la scena per tutte le sale ma questa volta
per intonacare. Poi si ripeteva la scena per tutte le sale ma questa
volta per l’imbianchino. Poi si ripeteva la scena per qualche sala dove
si è cambiato il pavimento. Poi abbiamo smontato, revisionato,
tinteggiato e rimontato tutte le vetrine.
Con questo il museo è diventato rispettoso delle norme di sicurezza,
esteticamente accettabile ma sovraffollato all’inverosimile a causa dei
limiti di spazio e della mancanza di un magazzino, che Tu hai lamentato
per decenni e che è fondamentale nei musei.
Ma in quegli anni c’era in costruzione il nuovo Istituto Alberghiero per cui sapevo che la vecchia sede di
Villa Prever sarebbe
rimasta libera. Così ho proposto in associazione di chiedere al comune
di portare lì il museo. Il progetto è stato accolto e, nonostante tempi
eccessivi e percorso accidentato, siamo arrivati a destinazione aprendo
la strada alla miriade di iniziative che ne sono conseguite.
Spostare tutto ha
richiesto lo sforzo di mandrie di volontari armati di voglia di
faticare e sporcarsi, nonché di fornitori che, inteneriti dal nostro
impegno, non hanno voluto fatturare più dei loro meri costi e in
parecchie occasioni sono intervenuti gratis.
La
nuova sede ha
consentito un radicale miglioramento degli allestimenti nonostante il
budget assente e grazie all’olio di gomito (e di cervello!) gratuito.
Nei primi cinque anni dal trasloco abbiamo decuplicato il pubblico e
radicato nel territorio l’istituzione rendendola simpatica a sempre più
cittadini che in mille modi hanno contribuito direttamente a farlo
crescere sia in termini di iniziative che di collezioni.
Poi, qualche anno fa, il meccanismo dell’assegnazione diretta della
gestione del museo all’Associazione è stato sostituito da una gara
d’appalto. Non condividevo per nulla l’approccio ma, trovandomi in
minoranza, mi sono adeguato ed abbiamo finito per partecipare e vincere
in mancanza di concorrenti.
Poi il rinnovo del 2020 con la novità che non concorrevamo più come
“Scienze” ma raggruppati con gli altri musei in un solo “museo civico”.
Questa volta i concorrenti sono stati parecchi e abbiamo perso.
E così siamo tornati all’inizio. Ho preso le chiavi e le ho consegnate
alla presidente per fare la restituzione formale al comune.
Scusami!
In tutti gli anni che abbiamo lavorato insieme ti ho visto preoccupato
per il futuro delle tue collezioni. Ti ho promesso che ne avrei avuto
cura e l’ho fatto con gioia, finora.
Le chiavi che avevo in tasca rappresentavano il nostro rimanere fianco
a fianco e la mia determinazione nel mantenere la promessa che ti avevo
fatto, ma al contempo l’assurdità di una gestione che prevedeva che
l’antifurto di un edificio pubblico suonasse nella tasca di un
volontario. Restituendole si è alleggerita la tasca e appesantito il
cuore.
Per tutti questi anni ho consumato ferie per il museo, sere, fatica,
risorse personali, coinvolto amici, convinto donatori a regalare
collezioni di valori ragguardevoli invece che venderle.
Non so descriverti il senso di sbigottimento che ho provato quanto ho
capito che per poter fare tutto questo gratis e mantenere una promessa
che Ti ho fatto avrei dovuto partecipare ad un bando e competere con
altri miei concittadini. Metto questa emozione sul podio delle
umiliazioni della dignità umana che ho subìto nella vita.
Poi l’imbarazzo che provo nei confronti di coloro che ho convinto a
donare collezioni al museo che lo hanno fatto, spesso rinunciando al
loro valore economico, in quanto avevano fiducia e simpatia per lo
staff e l’impegno che ci metteva. Così mi sono sentito chiedere
“indietro” delle donazioni e dover dare la riposta, corretta ma
orribile, che ormai il materiale donato ed accettato non può essere
restituito. Non è proprio ciò che vorrei dire ad amici e simpatizzanti.
E infine la difficoltà in cui mi trovo con tutti gli amici del museo
che hanno dedicato lo stesso mio entusiasmo a gettare le basi per lo
sviluppo del museo e delle sue iniziative per poi vedersi cancellare il
futuro da davanti.
Da parte mia proverò a continuare a mantenere la promessa che Ti ho
fatto, se mi sarà concesso. Ma scrivendo queste parole ho avuto
l’impressione che Tu, grande appassionato di Manzoni, mi stessi
dicendo: “Ricordi cosa ha detto Fra Cristoforo alla fine dei Promessi
Sposi? Ha spiegato a Lucia che il voto che aveva fatto di non sposare
Renzo non era valido in quanto non si può fare un voto sulla volontà di
un altro.
Tutto sommato la situazione ha delle analogie, tu hai mantenuto la tua promessa, fino a quando non ti è stato impedito”.
Grazie Mario!