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30 dicembre 2020
Mario, Scusami!


Caro Mario,

Oggi ho restituito le chiavi del Tuo museo.

Ti ricordi? Un giorno di un po’ di anni fa, ero un bambino sulla sedia del dentista… Tuo figlio! A quell’epoca avevate lo studio insieme. Naturalmente mi sono messo a piangere, tu hai sentito e sei venuto a confortarmi. Conclusa l’antipatica seduta abbiamo ancora parlato un po’, poi mi hai congedato regalandomi una farfalla. “Zappavi nel morbido”. La natura mi affascinava fin dalla nascita e con Te non poteva che esserci una sintonia spontanea che sarebbe rimasta per tutta la vita.
Così abbiamo cominciato a frequentarci e siamo diventati amici. I soli sessant’anni di differenza di età probabilmente ci hanno aiutati. Mi affascinava sentirti raccontare di quando tua mamma ti mandava in Austria a comprare lo zucchero perché costava meno [Mario Strani era veronese del 1907] o di quando studiavi a Monaco e hai sentito uno scalmanato arringare un piccolo gruppo di passanti. Ti hanno detto che era un tale di nome Hitler con idee deliranti che nessuno considerava... Era un’emozione straordinaria vedere lo stesso mondo, che per me era passato, attraverso ai tuoi occhi che lo hanno visto quando era ancora futuro.

Fra un racconto e l’altro mi hai portato a vedere il nascente museo di scienze di Pinerolo. Un’unica stanza che avevi ottenuto a Palazzo Vittone per fare il lavoro di divulgazione scientifica cui tenevi tanto e che negli anni di Covid-19 abbiamo capito quanto era importante e quanto Tu vedevi lontano.

Per me bambino, muovermi in mezzo a quelli che, per me, erano scienziati era un onore altissimo e, col senno di poi, una pacchia culturale perché certamente ho imparato di più frequentando quella comitiva di sgangherati che studiando faticosamente a scuola.
Passando disinvoltamente da disquisizioni scientifiche acrobatiche alla sega circolare, con i vari amici dell’epoca, le stanze sono diventate progressivamente sette e si sono popolate delle Tue collezioni che successivamente hai formalmente donato alla cittadinanza.

Ad un certo punto occorreva organizzare meglio una gestione che era troppo ad personam per cui abbiamo fondato l’Associazione Naturalistica Pinerolese col compito di occuparsi della gestione del museo. I volontari sono aumentati e, mentre Tu ti avvicinavi al secolo, io diventavo adulto e venivo eletto direttore del Tuo museo.

In quel momento il gruppo di volontari era fitto ed entusiasta. La prima cosa che ho seguito nella mia nuova veste è stata la ristrutturazione di tutte le sette sale di Palazzo Vittone. Per tre mesi abbiamo fatto “il gioco del 15” col museo. Di sera arrivavamo in forze a svuotare una sala mettendo il materiale in quella attigua per permettere agli elettricisti di lavorare. Poi si ripeteva la scena per ogni sala. Poi si ripeteva la scena per tutte le sale ma questa volta per intonacare. Poi si ripeteva la scena per tutte le sale ma questa volta per l’imbianchino. Poi si ripeteva la scena per qualche sala dove si è cambiato il pavimento. Poi abbiamo smontato, revisionato, tinteggiato e rimontato tutte le vetrine.

Con questo il museo è diventato rispettoso delle norme di sicurezza, esteticamente accettabile ma sovraffollato all’inverosimile a causa dei limiti di spazio e della mancanza di un magazzino, che Tu hai lamentato per decenni e che è fondamentale nei musei.
Ma in quegli anni c’era in costruzione il nuovo Istituto Alberghiero per cui sapevo che la vecchia sede di Villa Prever sarebbe rimasta libera. Così ho proposto in associazione di chiedere al comune di portare lì il museo. Il progetto è stato accolto e, nonostante tempi eccessivi e percorso accidentato, siamo arrivati a destinazione aprendo la strada alla miriade di iniziative che ne sono conseguite.

Spostare tutto ha richiesto lo sforzo di mandrie di volontari armati di voglia di faticare e sporcarsi, nonché di fornitori che, inteneriti dal nostro impegno, non hanno voluto fatturare più dei loro meri costi e in parecchie occasioni sono intervenuti gratis.
La nuova sede ha consentito un radicale miglioramento degli allestimenti nonostante il budget assente e grazie all’olio di gomito (e di cervello!) gratuito.

Nei primi cinque anni dal trasloco abbiamo decuplicato il pubblico e radicato nel territorio l’istituzione rendendola simpatica a sempre più cittadini che in mille modi hanno contribuito direttamente a farlo crescere sia in termini di iniziative che di collezioni.

Poi, qualche anno fa, il meccanismo dell’assegnazione diretta della gestione del museo all’Associazione è stato sostituito da una gara d’appalto. Non condividevo per nulla l’approccio ma, trovandomi in minoranza, mi sono adeguato ed abbiamo finito per partecipare e vincere in mancanza di concorrenti.
Poi il rinnovo del 2020 con la novità che non concorrevamo più come “Scienze” ma raggruppati con gli altri musei in un solo “museo civico”. Questa volta i concorrenti sono stati parecchi e abbiamo perso.

E così siamo tornati all’inizio. Ho preso le chiavi e le ho consegnate alla presidente per fare la restituzione formale al comune.

Scusami!

In tutti gli anni che abbiamo lavorato insieme ti ho visto preoccupato per il futuro delle tue collezioni. Ti ho promesso che ne avrei avuto cura e l’ho fatto con gioia, finora.
Le chiavi che avevo in tasca rappresentavano il nostro rimanere fianco a fianco e la mia determinazione nel mantenere la promessa che ti avevo fatto, ma al contempo l’assurdità di una gestione che prevedeva che l’antifurto di un edificio pubblico suonasse nella tasca di un volontario. Restituendole si è alleggerita la tasca e appesantito il cuore.

Per tutti questi anni ho consumato ferie per il museo, sere, fatica, risorse personali, coinvolto amici, convinto donatori a regalare collezioni di valori ragguardevoli invece che venderle.

Non so descriverti il senso di sbigottimento che ho provato quanto ho capito che per poter fare tutto questo gratis e mantenere una promessa che Ti ho fatto avrei dovuto partecipare ad un bando e competere con altri miei concittadini. Metto questa emozione sul podio delle umiliazioni della dignità umana che ho subìto nella vita.

Poi l’imbarazzo che provo nei confronti di coloro che ho convinto a donare collezioni al museo che lo hanno fatto, spesso rinunciando al loro valore economico, in quanto avevano fiducia e simpatia per lo staff e l’impegno che ci metteva. Così mi sono sentito chiedere “indietro” delle donazioni e dover dare la riposta, corretta ma orribile, che ormai il materiale donato ed accettato non può essere restituito. Non è proprio ciò che vorrei dire ad amici e simpatizzanti.

E infine la difficoltà in cui mi trovo con tutti gli amici del museo che hanno dedicato lo stesso mio entusiasmo a gettare le basi per lo sviluppo del museo e delle sue iniziative per poi vedersi cancellare il futuro da davanti.

Da parte mia proverò a continuare a mantenere la promessa che Ti ho fatto, se mi sarà concesso. Ma scrivendo queste parole ho avuto l’impressione che Tu, grande appassionato di Manzoni, mi stessi dicendo: “Ricordi cosa ha detto Fra Cristoforo alla fine dei Promessi Sposi? Ha spiegato a Lucia che il voto che aveva fatto di non sposare Renzo non era valido in quanto non si può fare un voto sulla volontà di un altro.
Tutto sommato la situazione ha delle analogie, tu hai mantenuto la tua promessa, fino a quando non ti è stato impedito”.

Grazie Mario!

Massimo
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