Nei suoi scritti, l'ingegner Ercole Ridoni, sottolinea
ripetutamente la sua grande preoccupazione per gli effetti a lungo
termine di leggi inadeguate e quindi di gestioni sbagliate delle
miniere.
All'epoca,
la legge prevedeva
l'esistenza di due classi di minerali;
quelli soggetti al regime delle cave e quelli soggetti al regime delle
miniere. Questi ultimi appartenevano al sovrano e pertanto venivano
normalmente estratti con professionalità da apposite imprese,
debitamente autorizzate e soggette a controlli. I primi, invece,
appartenevano al proprietario del terreno che poteva estrarli se e come
preferiva.
Il talco era assoggettato al regime delle cave. Di conseguenza
proliferavano individui o piccole imprese che estraevano il minerale
con mezzi di fortuna e senza alcun criterio tecnico. Il risultato era
l'estrazione di minerale di pessima qualità e in condizioni di lavoro
inumane. In più, l’intrico di piccole gallerie fatte a caso avrebbe
creato problemi di sicurezza anche quando l'estrazione fosse passata in
mano ad imprese in grado di coltivare il giacimento secondo le corrette
tecniche di estrazione. Cosa che si è puntualmente verificata.
Ecco come l’ingegner Ridoni ci espone il problema:
“La mancanza di ogni limitazione
territoriale all’esercizio dei diritti di sottosuolo fa sì che fra i
coltivatori avvenga una continua lotta e concorrenza per impossessarsi
delle zone che possono interessare, poiché il talco appartiene al primo
che lo trova. Si è visto impostare da due concorrenti gallerie a
pochissimi metri di distanza una dall’altra in senso sia verticale che
orizzontale e spingere queste con la maggiore possibile rapidità per
arrivare primi al presunto ammasso di talco, e talvolta in condizioni
di lavoro tanto pericolose da obbligare le autorità minerarie a
sospendere gli avanzamenti e da costringere i concorrenti ad associarsi
volenti o nolenti che fossero.”