Questa zona è nota anche col nome di
Pian Littorio ma il suo nome originale è Pian Fréiboujo che
significa
“piano del freddo che si muove”. Basta passare una volta d'inverno per
capire tutto...
È un piano un po' per modo di dire, ma date le pendenze dei
versanti circostanti può essere definito in questo modo.
Ospita
i resti di alcune delle innumerevoli
strutture militari della
valle, in
questo caso sede della Milizia Confinaria. C'è l'arrivo di una
teleferica ed il
resto delle strutture.
Le strutture ancora visibili risalgono alla prima metà del XX secolo ma
l'uso militare della zona è precedente. Sulla “Guida delle Alpi
Occidentali” di Martelli e Vaccarone del 1889 edito dal Club Alpino
Italiano si legge:
“[...] la strada si divide in due rami che
però si ricongiungono nuovamente più lontano nella regione Fraibugia,
presso le rovine dell'antico Baraccone ed ai piedi della roccia detta
Grande Aiuguille”. Quindi il “Baraccone” era già antico nel 1889.
Grazie alle foto ed agli appunti di
Piero
Sartorio possiamo anche sapere qualcosa di quando erano attive e di
quando è stato introdotto il nome “Littorio”.
"C'era
una volta un certo Alessandro Berutti che doveva poi diventare gerarca
fascista (prima podestà di Pinerolo, poi segretario generale di
Alessandria) ma che allora era semplicemente un capo-manipolo della
Milizia Confinaria. Era largo di vedute, buono di cuore, grossolano di
espressioni e nutriva velleità letterarie. Non so se all'epoca di
queste foto (fine settembre 1930) fosse ancora nella vallata o
risiedesse già a Pinerolo, comunque avvenne che m'invitò ad assistere
alle prove di una camionetta Fiat che nelle intenzioni dei progettisti
avrebbe dovuto arrampicarsi per le mulattiere di montagna. Il tonante
Berutti pensò di avviarla su dalla borgata Ribba, l'ultima frazione di
Prali, fino al Bout du Col ed oltre ancora fino alla casermetta della
Milizia Confinaria situata a ridosso del Colle d'Abries, in una zona da
lui personalmente battezzata Pian Littorio. L'esperimento fu un vero
disastro. Un modestissimo adattamento della Fiat 514, la camionetta
arrivò a tarda sera nei pressi di Bout du Col più in grazia delle
robuste braccia dei militi e dei valligiani che per le sue proprie
possibilità. La prima foto fu fatta da me e la mostra alle prese colle
prime serie difficoltà, la seconda viceversa è una foto ufficiale presa
leggermente inclinata per accentuare la pendenza del terreno. A bordo
della macchina, fra me e il guidatore, è il Cav Mensa, allora padrone
dell'unico cinema di Pinerolo. La giornata
finì così. Berutti, che si dava arie dell'uomo rude della montagna,
pensò di offrire a tutti i presenti una pecora cotta allo spiedo. Ne
risultò una cosa talmente disgustosa che verso le 11 di sera, affamati
e infreddoliti pensammo bene di abbandonare le libagioni e di ritornare
alla base."
“
La prima foto fu fatta da me e la mostra alle prese colle prime
serie difficoltà”
Foto di
Piero Sartorio; Settembre
1930.
“
La seconda [foto] viceversa è una foto ufficiale presa
leggermente inclinata per accentuare la pendenza del terreno”
Osservando questa foto si nota una curiosità. Diverse persone hanno la
cravatta e comunque sono vestite bene.
Se
oggi vedessimo uno in giacca e cravatta in quei paraggi lo prenderemmo
per matto! All'epoca la montagna non era un hobby né un posto per
praticare uno sport domenicale. Era il luogo dove si viveva. E se
c'erano eventi importanti ci si vestiva bene. Il fatto di muoversi a
piedi non era rilevante. Non c'erano alternative. In montagna neanche
la bicicletta, che comunque anche in pianura era agli albori.
Foto di
Piero Sartorio; Settembre
1930.
Edificio con l'arrivo della
teleferica visto
dalla mulattiera.
Agosto 2007.
Edificio
con l'arrivo della
teleferica
visto da monte verso valle. Sul pianoro,
di fianco al laghetto, ci sono i basamenti dei piloni della
teleferica.
Agosto 2007.
Quando queste caserme erano in funzione,
un frequentatore abituale era
Luigi
Timbaldi.
Nei suoi articoli si trovano moltissimi racconti del buon tempo passato
con i militari che ben sovente lo hanno ospitato nei suoi “trekking”
ante litteram quando i rifugi non esistevano.
Ma l'epoca che ha vissuto ha avuto periodi duri in cui anche l'amicizia
è stata messa in gioco. Ecco uno stralcio di un
racconto legato a questo
luogo.
“[...] Poi fummo portati alle Nuove [carcere di Torino n.d.r.],
dopo una piccola sosta davanti al famigerato Albergo Nazionale, le cui
sale sontuose devono ancora risuonare delle urla strazianti dei
torturati. Lo chiamavano il Tribunale di giustizia, ma era invece la
casa del sadismo e della ferocia. Alle Nuove i detenuti politici erano
chiusi nelle celle del Braccio N. 1 tenuto dai Tedeschi. Ci misero in
fila nel lungo corridoio e poi a turno ci introdussero nell'Ufficio del
Maresciallo di Giustizia che prese le nostre generalità, mentre un
giannizzero in camicia nera ci toglieva le bretelle ed il colletto, il
portafoglio, orologio e documenti. Riconobbi il milite Era un
confinario che avevo conosciuto al Piano del Littorio sopra Ghigo. I
confinari di Ghigo erano dei buoni giovani delle nostre valli che
amavano la popolazione e la aiutavano. Il cuore mi dette un balzo.
Trovare un volto amico in un luogo di pena come il Braccio tedesco
delle Nuove era come un raggio di speranza. Lo guardai, ammiccandogli,
ma lui non rispose al mio muto appello. Mi frugò anzi più a fondo nelle
tasche, me le rovesciò e fece cadere a terra le briciole di tabacco e i
mozziconi di sigarette che potevano costituire qualche istante di
paradiso nell'inferno della cella. Fanatismo? Ostinazione cieca nella
difesa di ciò che era irrevocabilmente crollato? Fiducia nelle V2,
l'arma segreta che avrebbe rovesciato le posizioni? Era un po' di
tutto questo, ma dal modo come mi guardava, compresi che ce l'aveva con
me. Secondo lui io ero un traditore, perché non avevo aderito alla
Repubblica di Salò. Era un semplice, quasi analfabeta e non poteva
capire che la Repubblica di Salò non poteva far rivivere il fascismo.
Mussolini ormai era un povero fantoccio nelle mani di Hitler”.
Edificio a monte.
Agosto 2007.
Arrivo della
teleferica.
Agosto 2007.
I rapporti fra Luigi Timbaldi ed i
confinari erano ottimi. In innumerevoli occasioni è stato loro ospite
durante le sue scorribande in montagna e li ha descritti con grande
affetto e simpatia nei suoi articoli. Persino l'episodio drammatico
avvenuto alle Nuove non ha fatto crollare la sua simpatia per loro.
Questo simpatico sonetto piemontese rende l'idea di che tipo di
rapporto ci fosse fra lui ed i confinari.
[testo trascritto dall'originale aggiornando solo l'ortografia alle
regole contemporanee]
'L confinari
(1)
A pieuv 'nsima '1 còl e a tira vent.
La tenda as piega a tera sbalotà
Come 'n balon portà da le corent.
La val da 'n mar ed nebia 1' é coatà.
Ma '1 confinari a vigila content
Con la man sël moschet bin lucidà,
Con sël cheur dla milissia 'l giurament,
Cantand a mesa vos: Eja, alala!
O confinari, fait d'assel e d' pera,
Sagoma neira 'nssima '1 bianch dla fiòca,
Piantà sle ponte 'd tuta la frontiera,
Còsa 't sente, sognand, là, vers ë1 pian?
La vos 'd j'amis, dla marna, del tò pare?
Nò! La tromba ch'an ciama... pi lontan!
Interni.
Agosto 2007.
Interni.
Agosto 2007.
Note.
(1) Il confinario (
ritorno al testo)
Sul colle piove e tira vento.
La tenda si piega sotto le sue sferzate
Come un pallone in balia del vento.
La valle è coperta da un mare di nuvole.
Ma il confinario vigila contento
Con la mano sul moschetto be lucidato,
Con nel cuore il giuramento della milizia,
Cantando a mezza voce: Eja, alala!
Oh confinario fatto di acciaio e di pietra,
Sagoma nera sul bianco della neve,
Piantato sulle cime di tutta la frontiera,
Cosa senti, sognando, là verso la pianura?
La voce degli amici, della gente, di tuo padre?
No! La tromba che ci chiama più lontano!