Lo scalatore
latinista, il girovago delle montagne, il menestrello delle baite.
Così lo descrive
Piero Sartorio
che gli è stato amico e lo conosceva
bene.
Giornalista
della prima metà del '900 ha scritto su vari giornali fra cui “Il
corriere alpino
(1)” di Pinerolo. Ha
pubblicato vari libri dei quali alcuni
incentrati sul pinerolese e con una particolare attenzione a Praly.
Dalla sua penna sono uscite forse le più belle pagine mai scritte sulla
valle.
Dai
suoi articoli traspare un amore infinito per quei posti che lo
stregavano con un fascino che gli riusciva irresistibile. La sua
simpatia travolgente gli permetteva di cogliere sempre l'aspetto
umoristico di ogni situazione senza mai sminuirne nessuna.
La sua
profonda conoscenza dei luoghi, della storia e delle persone ci ha
lasciato uno spaccato di vita reale del primo '900 che trasmette
tutt'oggi tutta la simpatia dell'epoca.
Dagli appunti di Piero
Sartorio si capisce che per la valle circolava un trio molto speciale:
Piero Sartorio, Enrico Zola e Luigi Timbaldi.
Ma quanto devono essersi divertiti quelli!
Ne
hanno combinate di tutti i colori. Hanno vissuto la nascita dello sci e
l'invenzione stessa del concetto di sport. Per quanto si scorrano gli
appunti di Piero o si leggano i libri di Luigi non si trova altro che
allegria e simpatia.
Luigi Timbaldi a volte si firmava col suo vero nome, spesso usava lo
pseudonimo di Petronio. Ma gli amici lo chiamavano Timbù!
Lui stesso in un suo scritto ricorda:
"Anche quando salivo in
montagna su una dorsale, sotto le staffilate del sole rovente, non
slacciavo il colletto e perciò gli amici mi avevano battezzato il colletto rampante".
Luigi Timbaldi - a destra -
con l'amico Fausto
Foto: Piero Sartorio. 1931

Luigi Timbaldi - il più in alto - con una scolaresca.
Foto: Piero Sartorio. 1931
Troviamo anche notizie del carattere di Timbù negli appunti del dott.
Luigi Molinengo, che lo ha avuto come professore per qualche tempo.
Descrivendo i suoi insegnanti si riferisce a lui così:
"Ricordo meglio di tutti gli altri quello della 1° Ginnasio
perché
era tanto stravagante e goliardico quanto il maestro Passet era serio e
compassato e perché contribuì a farci uscire rapidamente dall’atmosfera
tranquilla e stagnante delle Elementari.
Oltre ad insegnarci lettere italiane e latine contribuì a scuotere la
nostra timidezza, la nostra ritrosia e la nostra passiva indifferenza
con trovate imprevedibili e con esibizioni da circo come quella di
salire in piedi sulla cattedra, saltare da questa sul primo banco della
fila centrale e proseguire in rapida corsa saltando da un banco
all’altro fino all’ultimo mentre gli allievi si abbassavano per evitare
di ricevere un calcio in testa.
Si vantava di essere un alpinista e forse dava queste prove di agilità
per dimostrarlo e per risvegliarci dal nostro torpore.
In quel tempo usava che il professore o gli allievi scrivessero sulla
lavagna col gessetto. Per cancellare gli scritti veniva usata come
strofinaccio una larga banda di stoffa spessa, forse feltro, arrotolata
su sé stessa in modo da formare un grosso disco che si adattava bene al
palmo della mano.
Quando il professor Timbaldi aveva finito di usarlo si sedeva, lo
posava davanti a sé sulla scrivania e continuava colla sua lezione: ma
di tanto in tanto inaspettatamente si interrompeva, afferrava lo
strofinaccio e lo scagliava contro un allievo che doveva essere svelto
a schivarsi per non essere colpito e sporcato di gesso. Ma ne inventava
anche altre come quella di farci eseguire in classe durante una lezione
una specie di scena teatrale rappresentante “il ratto delle Sabine” nel
corso della quale i maschi dovevano uscire dai propri banchi ed
assaltare quelli delle compagne per fingerne il rapimento.
Credo che oltre ad essere professore di Lettere ed alpinista fosse
anche poeta e scrittore.
Ma durò poco come nostro Maestro di scienza e di vita: un anno o al
massimo due.
[…]
A parte le stramberie del professor Timbaldi che potevano contribuire a
darci una visione più scapigliata dell’esistenza ed a renderci meno
conformisti e succubi agli usi ed ai regolamenti erano le pause di
intervallo tra le lezioni che, dando l’occasione di riunirsi coi
compagni di corso e saltuariamente con quelli delle classi superiori,
aiutavano ad uscire dal guscio della famiglia ed a confrontarsi cogli
altri su un livello di parità."
Delle sue innumerevoli scorrerie a Prali è rimasta anche una traccia nel registro dell'Albergo Delle Alpi di Ghigo - ora
Salei - dove si vede la sua regsitrazione al 8 luglio 1933. Non riulta che ne sia mai uscito... FORSE per difetto di compilazione...
(1)
Il
Corriere Delle Alpi (1951-1969) nasce nel 1951, come settimanale
indipendente, di area liberale. Già nel 1952, dopo soli sette numeri,
cambia testata in ‘Il Corriere Alpino’. Aveva quattro pagine, redazione
in c.so Torino 4 a Pinerolo. Alla fine, nel 1969 la redazione era in
via Buniva 34.
Così lo descrive V. Morero nel suo libro ‘Pinerolo a memoria’:
“è
un foglio né di sinistra né democristiano. Ospita la firma
dell’on. Alpino che è liberale, lo dirige l’avv. Rosia che è liberale,
ma non è un giornale di partito. Diciamo che è un giornale di area
laica e moderata, attorno al quale ruotano un gruppo di giovani di un
certo temperamento (Silecchia, Silvino, Andrea Gaspari, Mario Rocca,
cesare Castellotti, Mario Gontier), dà una mano non piccola un
giornalista di razza che è Mario Carlo Giordano, pubblica le sue
novelle Ugo Marino, imperversa con note di vivaci colori l’ultimo Luigi
Timbaldi, una penna che sa attingere al romanticismo, alla celebrazione
annedottica, ma anche alla più fine ironia. [ritorna al testo]