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Luigi Timbaldi.
Anzi... Petronio;
anzi... il colletto rampante;
anzi... Timbù!

Luigi Timbaldi 1881-1963

Lo scalatore latinista, il girovago delle montagne, il menestrello delle baite.

Così lo descrive Piero Sartorio che gli è stato amico e lo conosceva bene.

Giornalista della prima metà del '900 ha scritto su vari giornali fra cui “Il corriere alpino(1)” di Pinerolo. Ha pubblicato vari libri dei quali alcuni incentrati sul pinerolese e con una particolare attenzione a Praly.
Dalla sua penna sono uscite forse le più belle pagine mai scritte sulla valle.
Dai suoi articoli traspare un amore infinito per quei posti che lo stregavano con un fascino che gli riusciva irresistibile. La sua simpatia travolgente gli permetteva di cogliere sempre l'aspetto umoristico di ogni situazione senza mai sminuirne nessuna.
La sua profonda conoscenza dei luoghi, della storia e delle persone ci ha lasciato uno spaccato di vita reale del primo '900 che trasmette tutt'oggi tutta la simpatia dell'epoca.
Dagli appunti di Piero Sartorio si capisce che per la valle circolava un trio molto speciale: Piero Sartorio, Enrico Zola e Luigi Timbaldi.
Ma quanto devono essersi divertiti quelli!
Ne hanno combinate di tutti i colori. Hanno vissuto la nascita dello sci e l'invenzione stessa del concetto di sport. Per quanto si scorrano gli appunti di Piero o si leggano i libri di Luigi non si trova altro che allegria e simpatia.

Luigi Timbaldi a volte si firmava col suo vero nome, spesso usava lo pseudonimo di Petronio. Ma gli amici lo chiamavano Timbù!
Lui stesso in un suo scritto ricorda: "Anche quando salivo in montagna su una dorsale, sotto le staffilate del sole rovente, non slacciavo il colletto e perciò gli amici mi avevano battezzato il colletto rampante".

Luigi Timbaldi Petronio Timbù
Luigi Timbaldi - a destra - con l'amico Fausto
Foto: Piero Sartorio. 1931

Luigi Timbaldi Petronio Timbù
Luigi Timbaldi - il più in alto - con una scolaresca.
Foto: Piero Sartorio. 1931

Troviamo anche notizie del carattere di Timbù negli appunti del dott. Luigi Molinengo, che lo ha avuto come professore per qualche tempo. Descrivendo i suoi insegnanti si riferisce a lui così:
"Ricordo meglio di tutti gli altri quello della 1° Ginnasio perché era tanto stravagante e goliardico quanto il maestro Passet era serio e compassato e perché contribuì a farci uscire rapidamente dall’atmosfera tranquilla e stagnante delle Elementari.
Oltre ad insegnarci lettere italiane e latine contribuì a scuotere la nostra timidezza, la nostra ritrosia e la nostra passiva indifferenza con trovate imprevedibili e con esibizioni da circo come quella di salire in piedi sulla cattedra, saltare da questa sul primo banco della fila centrale e proseguire in rapida corsa saltando da un banco all’altro fino all’ultimo mentre gli allievi si abbassavano per evitare di ricevere un calcio in testa.
Si vantava di essere un alpinista e forse dava queste prove di agilità per dimostrarlo e per risvegliarci dal nostro torpore.
In quel tempo usava che il professore o gli allievi scrivessero sulla lavagna col gessetto. Per cancellare gli scritti veniva usata come strofinaccio una larga banda di stoffa spessa, forse feltro, arrotolata su sé stessa in modo da formare un grosso disco che si adattava bene al palmo della mano.
Quando il professor Timbaldi aveva finito di usarlo si sedeva, lo posava davanti a sé sulla scrivania e continuava colla sua lezione: ma di tanto in tanto inaspettatamente si interrompeva, afferrava lo strofinaccio e lo scagliava contro un allievo che doveva essere svelto a schivarsi per non essere colpito e sporcato di gesso. Ma ne inventava anche altre come quella di farci eseguire in classe durante una lezione una specie di scena teatrale rappresentante “il ratto delle Sabine” nel corso della quale i maschi dovevano uscire dai propri banchi ed assaltare quelli delle compagne per fingerne il rapimento.
Credo che oltre ad essere professore di Lettere ed alpinista fosse anche poeta e scrittore.
Ma durò poco come nostro Maestro di scienza e di vita: un anno o al massimo due.
[…]
A parte le stramberie del professor Timbaldi che potevano contribuire a darci una visione più scapigliata dell’esistenza ed a renderci meno conformisti e succubi agli usi ed ai regolamenti erano le pause di intervallo tra le lezioni che, dando l’occasione di riunirsi coi compagni di corso e saltuariamente con quelli delle classi superiori, aiutavano ad uscire dal guscio della famiglia ed a confrontarsi cogli altri su un livello di parità.
"




Sapatlé
Il Papa alpinista a Pinerolo
Nostalgia di Ghigo
Un testamento in una scodella.

Firma Luigi Timbaldi

(1)
Il Corriere Delle Alpi (1951-1969) nasce nel 1951, come settimanale indipendente, di area liberale. Già nel 1952, dopo soli sette numeri, cambia testata in ‘Il Corriere Alpino’. Aveva quattro pagine, redazione in c.so Torino 4 a Pinerolo. Alla fine, nel 1969 la redazione era in via Buniva 34.
Così lo descrive V. Morero nel suo libro ‘Pinerolo a memoria’:
“è un foglio né di sinistra né democristiano. Ospita  la firma dell’on. Alpino che è liberale, lo dirige l’avv. Rosia che è liberale, ma non è un giornale di partito. Diciamo che è un giornale di area laica e moderata, attorno al quale ruotano un gruppo di giovani di un certo temperamento (Silecchia, Silvino, Andrea Gaspari, Mario Rocca, cesare Castellotti, Mario Gontier), dà una mano non piccola un giornalista di razza che è Mario Carlo Giordano, pubblica le sue novelle Ugo Marino, imperversa con note di vivaci colori l’ultimo Luigi Timbaldi, una penna che sa attingere al romanticismo, alla celebrazione annedottica, ma anche alla più fine ironia. [ritorna al testo]

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