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Miniere e cave Impianti a fune Lavori


Gran Courdoun

Si trattava di un gigantesco complesso di 3 teleferiche e 2 decauville che trasportavano il talco dalle miniere più alte della valle a 2000m fino alla strada carrozzabile a Perrero a circa 800m.

Mappa Gran Courdoun
Ecco l'intero percorso del Gran Courdoun tratto da una mappa francese del 1930.


Direttamente da chi lo ha visto in funzione.
Mario La Montagna ci racconta com'era il Gran Courdoun.
Tratto da un'intervista del 1998.


Il primo che ha iniziato a conglobare in un’unica organizzazione varie miniere preesistenti e a acquisire diritti da vari proprietari di terreni è stato il conte Enrico Brayda di Ronsecco che negli ultimi decenni dell’800 ha fondato la “Enrico Brayda & C.”
Il Brayda apriva o espandeva le zone minerarie di Envie, Sapatlé e Malzas. Tutti siti ad alta quota – tra i 1800 ed i 2000 metri – per cui si poneva in maniera importante il problema del trasporto a valle del minerale.
Oggi è persino difficile rendersi conto dell’importanza di questo problema. Abituati come siamo a andare ovunque in breve tempo, e senza fatica, alla guida di un’automobile e percorrendo comode strade asfaltate, non pensiamo più che all’epoca dei nostri nonni o bisnonni tutto ciò non esisteva.
Alla fine dell’800, la strada per Prali che oggi conosciamo, non esisteva. La sua costruzione sarebbe iniziata solo agli inizi del ’900. Per cui, oltre a non esistere mezzi motorizzati in grado di spostare carichi significativi, non c’era neanche una strada così come la pensiamo oggi. La vecchia strada per Prali, che per l’epoca era piuttosto ampia, vista oggi ci sembra una mulattiera di modeste proporzioni. Se ne possono ancora percorrere ampi tratti a partire dal ponte di Pomeifré subito dietro la zona mineraria attualmente attiva passando per Saut dâ  Loup dove si possono ancora vedere i solchi lasciati nella pietra dal passaggio dei carri, oppure a monte di Scopriminiera sul tratto che conduce a Prali passando per Roccho Eiclapâ, che è stato risistemato negli ultimi anni e che, attraversando il rio di Rodoretto ed il Germanasca, porta sulla destra orografica dove procede fino a Ghigo. È importante fare queste passeggiate! Sono piacevoli e consentono di capire come veramente ci si muoveva prima dell’era del motore.
Ebbene, il talco, che sarà anche morbido ma è sempre una pietra che come tale pesa, veniva estratto a circa 2.000 metri di quota a Envie o Sapatlé, oppure a circa 1800 metri di quota ai Malzas, e poi doveva essere trasportato a valle o a spalle nelle gerle o in sacchi di iuta disposti su slitte che venivano trainate sulle mulattiere prima e poi sulla vecchia strada di Prali fino alle vie di comunicazione principali in bassa valle dove si cominciava a poter usare dei carri a trazione animale.
Il trasporto era quindi estremamente lento e costoso.
Il conte Enrico Brayda che, stando alle memorie di Damiano Sartorio,  era molto in gamba, anche se un po’ megalomane, concepì un impianto gigantesco ed avveniristico che avrebbe permesso di portare a valle il talco in modo più efficiente. Pensò infatti che l’uso di teleferiche e Decauville avrebbe permesso di migliorare enormemente i trasporti.
Vista oggi, questa non sembra una grande intuizione. Ma occorre pensare che i cavi d’acciaio sono stati inventati solo negli anni '30 dell'800  dall'ingegnere minerario Wilhelm Albert, rendendo possibile la costruzione di impianti a fune. Cosa che le vecchie funi di canapa non avrebbero permesso. Del resto l’unica alternativa disponibile era la catena metallica che però era soggetta a rotture improvvise e del tutto imprevedibili.

Inoltre risaliva solo a di quegli anni l’invenzione delle ferrovie a scartamento ridotto dette Decauville dal nome dell'inventore. Prima di allora, le ferrovie – sia quelle grandi per i treni che quelle a scartamento ridotto per trasporti locali – venivano costruite assemblando sul posto le rotaie sulle traversine con tutta la ferramenta necessaria per il montaggio.
Ainé Decauville ebbe l’idea di costruire tranci di binario assembrato in fabbrica di dimensioni e peso tali che un operaio potesse spostarli agilmente da solo. Questo consentì una riduzione radicale dei costi di realizzazione di ferrovie a scartamento ridotto e un considerevole aumento della velocità di realizzazione. Nel manuale “Lavori di Terra” di Giovanni Martelli del 1881 l'Autore evidenzia che 4 operai potevano traslare di 30 metri un tratto di ferrovia lungo 400 metri in 1 ora e 15 minuti.
Chiarito questo, ci si rende conto che l’idea di Brayda era veramente innovativa e faceva uso di tecnologie e idee avanzatissime. Per di più prevedeva di usarle su una scala enorme che solo una mente fervida e forse un po’ troppo entusiasta poteva immaginare.

Fatto sta che Enrico Brayda ha dato all’ingegnere inglese Carrington l’incarico di progettare l’impianto.
Il progetto prevedeva la partenza da Sapatlé (2070 m) con una Decauville che arrivava alla Colletta Sellar; una teleferica che discendeva alle miniere di Malzas (1797 m), un’altra Decauville fino a Punta Croc e altre due teleferiche delle quali la prima arrivava a Comba Molino e la seconda al Ponte della Vecchia a Perrero (800 m), passando su un cavalletto posto alle Girarde.
L’investimento venne fatto dall’imprenditore di Savigliano Avv. Grandi che poi affittò l'impianto alla Brayda & C. Non è chiaro il motivo di questa scelta.
Fatto sta che il 23 Ottobre 1893 l’impianto venne inaugurato con una grande festa. La sera precedete le varie stazioni erano state illuminate con dei falò, mentre il cielo era illuminato da fuochi d’artificio e bengala.
Il conte Brayda in persona inaugurò l’impianto scendendo da Comba Molino in una benna illuminata da due bengala. Forse Damiano Sartorio aveva le sue ragioni a considerare il Brayda un tantino megalomane…
Ma la cosa ebbe una vasta eco fra la gente che accorse numerosa ad applaudire all’iniziativa.

L’impresa poté essere realizzata grazie al contributo del Genio Militare che era interessato all’iniziativa, vedendone possibili usi bellici. Parte dei lavori venne infatti effettuata dal capitano Albarello della Direzione di Artiglieria di Torino. Stando all'articolo di Luigi Timbaldi in ricordo di Damiano Sartorio, l'esercito aveva sostenuto l'iniziativa in cambio della possibilità di usare il sistem di trasporto per costruire i Ricoveri Perrucchetti ai Tredici Laghi.
Non sono noto altri usi importanti del Gran Courdounn da parte delle forze armate. Caso mai dai partigiani durante la Resistenza.
In merito al coinvolgimento dell'esercito nella relauzzazione dell'impianto si possono aggiungere due osservazioni.
La prima è che la zona di massimo interesse militare era il vallone dei Tredici Laghi che era di difficilissimo accesso a causa della mancanza di una strada carrozzabile per Praly. La zona era talmente importante che, per raggiungerla, nei decenni successivi sarebbe stata realizzata un’altra opera gigantesca: la strada della Conca Cialancia  che, seppure mai completata, avrebbe dovuto permettere di raggiungere i Tredici Laghi con i mezzi motorizzati partendo a valle di Perrero [I lavori vennero sospesi a Conca Cialancia (2451 m) per mancanza di denaro e di motivazioni strategiche nel 1942].
Poter arrivare con carichi fino a Sapatlé avrebbe radicalmente agevolato le operazioni militari. Da cui l’interesse per l’iniziativa. Del resto è anche vero che la maggior parte delle teleferiche non era motorizzata. Dato che dovevano trasportare talco solo in discesa, funzionavano a gravità. Per cui le possibilità di sollevare carichi erano limitate da quanto si poteva alzare sfruttando il carico della benna discendente che era di circa 400 kg.
La seconda osservazione è che l’intervento militare nella realizzazione dell’impianto riduceva il peso dell’investimento a carico dell’impresa da cui il vantaggio di coinvolgere la Difesa nella realizzazione dell’opera.

La storia dell’impianto è condita di pettegolezzi…
Il Gran Courdoun è stato proposto la prima volta nel 1880 dal conte Enrico Brayda, allora direttore degli impianti. Era un tecnico formidabile e aveva il merito di vivere le miniere insieme al resto del personale benché riservandosi una residenza più confortevole. Gorge Huntriss, presidente della Anglo Italian Talc & Plumbago Mines Company ha bocciato l’iniziativa in quanto troppo costosa.
Ma Enrico Brayda ha trovato rapidamente la soluzione al problema. 
Ha chiesto ad un altro imprenditore suo amico, il sig. Grandi, di costruire lui, a sue spese, l’opera e poi di affittargliela; cosa che poteva decidere senza l’approvazione di Huntriss.
Non sono passati molti anni che Huntriss è piombato in Italia con fieri propositi e ha licenziato il Brayda e San Martino - l’altro socio - assumendo, lui direttamente, la direzione della società.
Comunque sia, il sistema è stato poi acquisito dalla Anglo Italian Talc & Plumbago Mines Company è funzionato dal 1893 al 1961 con ottimi risultati. È stato poi smantellato ma le stazioni principali e i tracciati delle Decauville sono tutt’ora visibili.
Ma in questa storia c’è qualcosa che non quadra.
L’inaugurazione del Gran Courdoun è avvenuta anni prima della fondazione della Anglo Italian Talc and Plumbago Mines Company Ltd. Avvenuta nel 1897 [documenti disponibili presso i National Archives del Regno Unito]. Per cui il fatto descritto da Damiano Sartorio “non funzionerebbe”. O George Huntriss era già azionista della Brayda & C o c’è qualcosa che non torna con le date…


Sapatlé
Sapatlé località Crô Vélh. Il termine  Crô indica generalmente luoghi infossati o avvalalmenti mentre Vélh significa vecchio. È la zona dove si trovano le gallerie più antiche.
La miniera di Sapatlé alla quota di 2000 metri. A sinistra in alto la stazione di partenza della decauville con l'imbocco della Superiore [nome di una galleria n.d.r.]. A metà, i baraccamenti operai, in basso, una delle due villette di abitazione.
Per dare un'idea delle dimensioni nel settembre 1938 la miniera 
Sapatlé produsse 1700 quintali di talco con 39 operai. Il trasporto del talco da Sapatlé a Perrero ebbe solo luogo durante 2 settimane. A questo trasporto, comprendente i carichi in salita di legname da armatura, erano solitamente impiegati 17 operai tratti dalle miniere Sapatlé e Malzas. Ai tempi attuali [1975 n.d.r.], un lavoro del genere non sarebbe assolutamente possibile dal lato economico.
Quasi nessun operaio pernottava nei baraccamenti. In genere essi preferivano ritornare alle loro borgate sobbarcandosi ore di cammino pur di rientrare alle loro case dove li attendevano lavori agricoli o le cure del bestiame.

Foto e note di Piero Sartorio; 1938.


Mario La Montagna ci racconta il ricupero del talco giallo che prima era stato scartato...
Tratto da un'intervista del 1998



Sapatlé Decauville
La partenza della Decauville di Sapatlé - che è l'inizio di tutto il Gran Courdoun - in una foto scattata da Piero Sartorio nel Luglio 1939 in occasione di una visita alle miniere organizzata dal servizio vendite della Talco e Grafite per alcuni clienti.


Decauville Colletta Sellar
Settembre – Ottobre 1940. La stazione di Colletta Sellar. Un convoglio di talco in attesa di essere rovesciato nei carrelli della teleferica Colletta – Malzas. Sembrano un po' pedestri queste foto ma per me hanno il fascino delle cose irrimediabilmente perdute.
Foto e note di Piero Sartorio; 1940.

corvo colletta sellar sorvegliante Sapatlé
C'era a quei tempi a Sapatlé un minatore, un tipo piuttosto misantropo che risiedeva quasi in permanenza presso la miniera. [...] Era un tipo [...] con una notevole passione per il vino e un estremo rispetto per l'acqua anche ad uso abluzioni. A quei tempi aveva come amico un corvo ammaestrato, che qui è ritratto a colletta Sellar nella cui baracca [...] dormiva, con lo sfondo delle montagne già imbiancate dalle prime nevi.
Quel corvo era di un'intelligenza fenomenale. Ogni giorno, poco prima delle 4 del pomeriggio, ora in cui gli operai uscivano dal lavoro, si appostava presso l'imbocco della miniera in attesa del suo padrone. Allorché questi saliva su un carrello della decauville per superare i 2 chilometri tra Sapatlé e Colletta Sellar, il corvo prendeva il volo e andava ad appostarsi all'arrivo per ricevere il padrone. Ed è appunto in questo particolare momento che l'ho fotografato.
Foto e note di Piero Sartorio; 1940.

Teleferica Gran Courdoun Colletta Sellar
Interno della stazione di Colletta Sellar. Un carrello è pronto per il carico sotto la tramoggia di sinistra. La teleferica “va e vieni” [nome tecnico uno dei vari tipi di teleferica n.d.r.] raggiungeva in un balzo solo di 850 metri la miniera di Malzas che si intravede sullo sfondo. Il percorso durava circa 2 minuti.
Foto e note di Piero Sartorio; 1938.


Mulo decauville Malzas
Damiano Sartorio, papà di Piero, lavorava già alla Talco e Grafite. Ecco perché troviamo Piero bambino in vista alle strutture minerarie nelle quali avrebbe lavorato molto tempo dopo...
Al ritorno dal breve soggiorno a Sapatlé con Catullo e Olga (estate 1924) è evidente che passammo dalla miniera Malzas e ci concedemmo una gita in decauville fino a Punta Croc. La foto ritrae appunto il convoglio di vagonetti di talco in arrivo a Punta Croc. È visibile il bastone del cugino Catullo. In piedi sui vagoni ci siamo io e Fausto incappucciati di tela per compiacere la terribile paura che la mamma ha sempre avuto per i raggi solari. È singolare il fatto che sia stato proprio io a sostituire il mulo con una locomotiva su questa piccola ferrovia vent'anni dopo. Però!
Foto e note di Piero Sartorio.


Malzas Huntriss
Miniera Malzas – livello Huntriss nel 1940.

[…] Miniera Malzas; la più eroica della Val Chisone. Disposta su un costone sottostante alla cresta di Rocca Bianca era periodicamente soggetta a terribili valanghe che si staccavano dalla cima. Tutte le installazioni erano costruite in modo da sopportare col minimo danno lo scivolamento dell'enorme massa di neve. I baraccamenti operai, col tetto disposto secondo la pendenza del terreno erano forniti di cunicoli attraverso i quali, in caso di emergenza, gli occupanti potevano riparare nell'imbocco della miniera.
Un'attenzione alla sicurezza che veniva sentita dai dipendenti come ricorda il sorvegliante di Sapatlé a Luigi Timbaldi.
Del resto il nome stesso “Malzas” la dice lunga. In patois si chiama Malzat un larice piccolo o un lariceto costituito da larici di piccole dimensioni.
Il larice è un pianta eliofila, vale a dire una pianta che ha bisogno di forte illuminazione per poter crescere. Tant'è che le foreste di larice sono caratteristiche per avere alberi piuttosto radi ed il sottobosco erboso. Al contrario, per esempio, delle abetaie dove gli alberi sono estremamente fitti e non c'è erba nel sottobosco.
Il fatto stesso che una zona sia caratteristica per la presenza di larici piccoli implica che solitamente non hanno il tempo di diventare grossi. E questo fenomeno è caratteristico delle zone valanghifere dove la neve non riesce a distruggere gli alberelli molto piccoli mentre estirpa sistematicamente quelli grossi favorendo la formazione di boschi di larice fitti e giovani.
Foto e note di Piero Sartorio; 1940.


Malzasview
Malzas.
Foto del 2006.

Malzas livello Huntriss
Stesso luogo quando era ancora in attività.
La foto è a dir poco rara nel senso che Piero Sartorio che l'ha fatta non l'aveva mai vista! Lui aveva fatto due foto distinte i cui negativi sono arrivati fino a noi. Scannerizzati e assemblati con software da foto panoramiche – e un tot di smanettamento... - hanno dato questo risultato.
A monte dell'edificio si notano delle persone su una decauville. In basso a destra dei panni stesi.

Teleferica Malzas Sellar
Il mio lavoro mi portava sovente tra le montagne e questo ha fortificato l'affetto che portavo per quei luoghi ed anche per le modeste installazioni industriali che li caratterizzavano. Questo è un carrello della teleferica di Colletta Sellar in prossimità della stazione inferiore di Malzas.
Foto e note di Piero Sartorio; 1940.


Malzascableway
Malzas nei pressi della stazione della teleferica.
Foto del 2006.

CableWayMalzas
Malzas teleferica nel 1893.
Fonte: Come Vivevano… Pinerolo val Chisone e Germanasca fin de siècle (1880-1920); Claudiana 1990

Malzatimpression
Malzas.
Foto del 2006.

Railway
La decauville è diventata un sentiero..
Foto del 2006.

PianoInclinato
Il piano inclinato che sale dalla miniera San Carlo scavalca la decauville del Gran Courdoun.
Foto del 2006.

Carrello neve
Qui mancano note di Piero Sartorio. Dovrebbe trattarsi di un'immagine anni '40. Rende l'idea di cosa voleva dire spostare carichi sulle decauville in inverno.
Foto di Piero Sartorio; 1940 circa.


Fontana2

Fontana1
 Vecchi vagoncini trasformati in fontane.
Foto del 2006.

testata
Punta Croc.
Partenza della seconda teleferica.
Foto del 2006.

CorcRunning
Punta Croc.
Partenza della seconda teleferica nel 1893.
Fonte: Come Vivevano… Pinerolo val Chisone e Germanasca fin de siècle (1880-1920); Claudiana 1990

vista
Punta Croc.
Vista dalla partenza della seconda teleferica.
Foto del 2006.

dadi
L'età dell'impianto è evidenziata dalla forma dei dadi che erano quandrati mentre oggi sono esagonali.
Foto del 2006.

Guida Croc
Punta Croc.
Rullo per la guida della fune traente.
Foto del 2007.

Guida Croc Dettaglio
Punta Croc.
Dettaglio del rullo per la guida della fune traente. Una settantina d'anni di onorato servizio hanno lasciato il segno della fune inciso nella gola in ghisa.
Foto del 2007.

Guida Lavagnolo
Illustrazione di un rullo di guida per fune traente tratto da:
Come si progetta e si costruisce una teleferica per il trasporto di merci e di persone
Ing. Prof. Odoardo Harley di San Giorgio
G. Lavagnolo Editore.
Torino 1937


Ed ecco due rulli in funzione in una foto di Piero Sartorio.

Punta Croc pulegge razze
Punta Croc.
Pulegge di monte della teleferica.
Foto del 2010.

Le pulegge che possono ancora essere viste alla partenza della teleferica sono scampate ai lavori di demolizione degli impianti appaltati negli anni '60 alla ditta San Martino. Probabilmente erano troppo pesanti per essere trasportate a valle e vendute come ferro vecchio.
Sono entrate in funzione nel 1892 e dopo una settantina d'anni di onorato servizio e mezzo secolo di abbandono alle intemperie restano in ottime condizioni e non presentano rotture significative.
Osservandole, si può notare un particolare interessante. Sono fatte in un solo pezzo ottenuto per fusione in uno stampo.
Ma la fusione di pezzi di così grosse dimensioni, e di questa forma, generalmente generava delle tensioni nel metallo che facilmente portavano a rottura già sul pezzo nuovo o comunque nei primi tempi di funzionamento.
Per ovviare a questo inconveniente la tecnica, in uso ancora fino alla metà del XX secolo, era quella di spezzare le razze a mazzate appena la puleggia veniva estratta dalla fusione e poi brasarle.
La brasatura, come la saldatura, è un'operazione che serve per unire due parti metalliche.
Nella saldatura, il metallo di apporto può non essere previsto (saldatura a punti) oppure è lo stesso del materiale costituente i due pezzi da unire.
Nella brasatura il metallo di apporto è di tipo diverso.
Le due tecniche vengono usate in funzione del tipo di materiale da unire, della finitura estetica richiesta, e della possibilità, per il pezzo da saldare o brasare, di essere portato a temperature elevate.
Spezzare e poi brasare le razze delle pulegge aveva quindi la funzione di eliminare qualsiasi tipo di tensione interna al metallo e prevenire rotture in funzionamento.
Le pulegge del Gran Courdoun non presentano alcuna brasatura. Chi le ha fatte nel lontano 1892 era un “mago” della siderurgia che verosimilmente è riuscito a fare raffreddare le fusioni in tempi lunghissimi ottenendo questo eccezionale risultato ancora visibile ad oltre un secolo di distanza.


Stazione di Punta Croc. All'inizio del film si vede il carico di talco discendente. Poi il carico di legname che saliva grazie alla forza del peso del talco dal lato opposto.
Film di Piero Sartorio; 1958.

Teleferica Comba Molino

Stazione di Punta Croc. Si vede una carrello della teleferica. Con ogni probabilità si tratta del carrello ascendente perché si vede un carico che sporge. Solitamente in discesa si portava minerale mentre in salita si portavano legnami e altri materiali per il lavoro.

Foto di Piero Sartorio; 1939.


Teleferica cavalletto Molino
Cavalletto della teleferica nella tratta Comba Molino – Perrero. Si vede un carrello di minerale in discesa.
Foto di Piero Sartorio; 1939.


Stazione Gran Courdoun Comba Molino 1
Stazione di Comba Molino.
Foto: 2010

Stazione Gran Courdoun Comba Molino 2
Stazione di Comba Molino.
Zona di partenza dei vagonetti.
Foto: 2010

Punta Croc Comba Molino
Le teleferiche a quell'epoca parevano ancora un apogeo del progresso. E il cambio di una fune portante costituiva un evento eccezionale e veniva preparato con la cura di una cerimonia. Si vede che quell'estate 1932 si è dovuto sostituire una fune della teleferica Comba Molino – Punta Croc: 1400 m di lunghezza e 27 mm di diametro. Capo delle operazioni era l'allora direttore tecnico in 2a geom. Bauducco (c'era in quei tempi un dualismo di comando che dava origine a esilaranti conflitti) il quale disponeva di una voce tonante. Si mobilitava un centinaio ed oltre di operai delle miniere, si predisponevano dei premi per fine lavoro e si preparavano con estremo rigore le indispensabili bevute di vino. La scena aveva il fascino di un'avventura da pionieri. Qualcosa come la posa delle rotaie della Western Union. La foto ne è un documento.

Foto e note di Piero Sartorio; 1932.

PerreroRunning
Perrero.
Stazione di arrivo dell'ultima teleferica nel 1893.
In origine non c'era l'edificio che copre l'impianto.
Fonte: Come Vivevano… Pinerolo val Chisone e Germanasca fin de siècle (1880-1920); Claudiana 1990


Gran Courdoun Perrero ponte della vecchia
Perrero. Stazione di arrivo dell'ultima teleferica costruita da poco. Località lou Pont dë la Vëllho o Ponte della Vecchia.
Questa immagine è anche disponibile in 3D.
Foto e note di Piero Sartorio; anni '30 del '900.


Gran Courdoun Perrero ponte della vecchia
Il vano della stazione di arrivo della teleferica. Sullo spiazzo i legnami destinati alle miniere, il vino destinato ai minatori e in primo piano i fasci di fieno destinati ai cavalli delle decauville.

Questa immagine è anche disponibile in 3D.

Foto e note di Piero Sartorio; 1932.

perrero
Perrero.
Stazione di arrivo dell'ultima teleferica.
Foto del 2006.

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